Chiusa dentro in studio, alzo la testa il meno possibile per non distrarmi: fuori c’è un sole tenero, l’autunno fa il suo corso nel migliore dei modi e il mio giardino chiede e supplica un po’ di manutenzione che io non ho tempo di dargli. Per distrarmi un attimo dal computer senza distrarmi troppo, oggi pomeriggio ho fatto pausa sfogliando un pacco di appunti che giacciono da anni in una vaschetta sulla scrivania. Uno dice: “Maria Antonietta, ultima regina di Francia, spregiativamente chiamata “l’autrichenne”, era nota al popolo con il nomignolo “Madame Deficit”. Vorrei chiamarmi allo stesso modo e sperperare tutto ciò che possiedo per un giardino vero a mio modo. Invece il mio è solo un imparaticcio di montagna, un luogo mobile e inquieto dove sperimento del Regno Vegetale ciò che mi affascina e non conosco.” Non so dove volessi arrivare quando l’ho scritto, ma capisco che cosa volevo dire. L’altro mese nell’angolo del compostaggio ho spianato il compost nuovo e, con l’intenzione di fare un po’ di sovescio, ho buttato sulla superficie rastrellata mezze bustine avanzate di semi di spinaci. E adesso, vedendo con quanta forza si stanno sviluppando mille piante (vigorose come non sono nell’orto) non penso più al sovescio: mi piace godermi la scena così e sapere che ci saranno spinaci per me, per i vicini, per i parenti e per Popeye. Così un giardino non si fa mai, ci si perde per strada molto prima. Perciò, conservando anche gli spinaci sul compost, non assomiglio per niente a Madame Deficit, anzi sono il contrario e tutto sommato, dati i tempi, è giusto così. Ricordavo che era in ottobre come ora e sono andata a controllare: era il 16, alle 12,15 e l’autrichenne in quel giorno e a quell’ora del 1793 ci lasciava la testa. Fossi matta a far debiti per un giardino. Però nessuno mi dedicherà una mostra al Fine Arts Museum di San Francisco (dal 17 novembre al 17 febbraio prossimi) come invece ha diritto Madame: “Marie Antoinette au Petit Trianon”.