Quando la sera, smontata la festa, sul posto non resta più niente (una volta c’erano i vuoti a perdere mentali abbandonati dalla gente, vedi “Feste di piazza” di Edoardo Bennato), io penso invece a tutto quello che resta, il seme che mi auguro diventi un anno dopo l’altro, una manifestazione dopo l’altra, patrimonio di conoscenza comune, cultura di base di un popolo con la tendenza ad essere cicala immemore, eppure bisognoso di continue sollecitazioni e buoni incontri.
Ogni volta, anch’io porto a casa un’esperienza in più, in tutti i sensi. E a volte, come in questi giorni per “I frutti della terra” a Villa Cernigliaro a Sordevolo (BI), metto insieme esperienze che sono per una parte legate alle piante, per un’altra alle persone. Anche a quelle che non conosco, le persone voglio dire, oltre che le piante. Come i cittadini di Gavoi, provincia di Nuoro, sollecitati da un signore che ha avuto la sventura di chiedere la mia amicizia su facebook mentre stavo preparando la mostra pomologica e, sventura nella sventura, ha accennato al proprio piacere di coltivare rose e patate. Patate? ho detto io. Non è che mi manda un paio di tuberi per ogni varietà e, mentre invia patate, riesce a mandarmi qualche mela o pera della sua terra? La

sintonia con le persone nasce spesso così, per caso e per sfacciataggine. Ho amicizie vecchie di quarant’anni, nate sulla sintonia magari in merito ad un singolo argomento, ma tenacemente rimaste amicizie fidate e indissolubili. Sarà così anche con Franco Puxeddu, argutissimo frequentatore di rose e attualità politica che, per esaudire la mia richiesta, ha mosso mezzo paese di Gavoi, ricevendo, dice lui, “decine di chili di mele” che gli hanno messo in subbuglio il cuore perché non se le ricordava quasi più. Venerdì scorso mi è arrivata una scatola e dentro, più che patate, c’era un campionario di mele e pere coltivate là in mezzo alla Sardegna. E se non me ne importa un bel niente di un gioiello prezioso, sono riuscita a emozionarmi per quelle mele dalla allegra mascella rossa che chiamano ‘Trempas rujas’ e le pere Curato (o simil tali) che là chiamano ‘Pira Buttidu’ e tutta una serie di altre mele belle e profumate cresciute all’ombra del Gennargentu, che poi ho esposto vicino ad un cestino rosso con 13 meline gialle parzialmente vitrescenti che si chiamano ‘Gelato Cola’ arrivate dall’Etna (grazie Marcella), alle mele delle valli del Monte Rosa (grazie Anna, grazie Enrico) e alle mele biellesi del Parco Burcina (grazie Leo) e della Malpenga (grazie Massimo). Mele figlie delle montagne, mele per legare le genti delle montagne italiane con il filo della memoria e della biodiversità. E io mi commuovo a pensare che ancora esistono queste creature non omologate e, a lavorarci un po’, chi a innestarle, chi a coltivarle, chi a raccoglierle, chi a spedirle, chi a esporle, possono essere sotto lo sguardo di tutti e diventare di nuovo patrimonio vivo di sapori, aromi, culture, memorie, cromosomi per mele future. Devo dire grazie alla gente di Gavoi e promettere ufficialmente che faremo di più e meglio in futuro perché da venerdì ho chiesto idealmente l’amicizia di un intero paese della Barbagia.
Dimenticavo di dire che restano altre amicizie nuove nate da questa esperienza. Quella per esempio con Mina Novello di Sapori Biellesi che senza battere ciglio ha piazzato in un salone antico un fornetto, ha tirato la corrente sin sul tavolo e, maneggiando ingredienti d’ogni tipo, in tre quarti d’ora ha preparato e sfornato una ciambella di farina di castagne e ha terminato la cottura e l’allestimento di un magnifico dolce Mont blanc con tanto di panna, marroni canditi e meringa. Mi rendo conto che in un mondo che si perde nelle chiacchiere e nelle discussioni sterili dei talk show televisivi, mi affeziono sempre di più a chi ha il senso della realtà e non disgiunge i fatti dalle parole.
E ancora una volta è stata un’esperienza fare merenda con pane e marmellata insieme ai bambini, per caso più piccoli del solito, diffidenti un attimo soltanto, il tempo di dimenticarsi di essere piemontesi e poi allegramente assaggiatori competenti. Come il bambino che ha avvicinato il naso al barattolo appena aperto e ha detto “Accipicchia, sembra di annusare una rosa!” ed era marmellata di rose. Domani 25 mele biellesi ‘Dosc Piat’ (grazie agli Orti della Malpenga che le hanno fornite) saranno la merenda a scuola di 25 bambini di Lomazzo, provincia di Como. Le ho affidate a Andrea, nove anni, che mi aveva appena raccontato che tutti i martedì a scuola fanno merenda con la frutta. Alla maestra ho mandato un piccolo campionario di altre mele autoctone biellesi con la scheda descrittiva e, se è creativa, può fare lezione tutta la mattina partendo da quelle: geografia, storia, disegno, botanica… Io godo di questi casi fortuiti che legano i frutti della mia terra alla storia e ai luoghi degli altri.
… Ho salvato nel mio portatile questo articolo! Ogni tanto lo leggo e lo rileggo tanto mi emoziona !
Grazie di cuore!
Chiara
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