pubblicato su MR Characters – estate 2001
Il mondo va avanti e nel suo progredire coinvolge anche i giardini e quelle regine indiscusse che sono le rose. Nessun altro fiore (sembra quasi banale ricordarlo) è mai stato altrettanto al centro dell’interesse degli ibridatori e dei selezionatori di piante ornamentali, che da sempre lavorano riproducendo con i petali, con il portamento, con il profumo, con il colore delle rose lo stile che la loro epoca impone. Ma, se ogni anno vengono presentate nuove varietà per soddisfare i giardinieri ingordi di fiori mai visti, è anche vero che le rose del passato non conoscono la via del tramonto, restano saldamente sulla breccia e più passa il tempo e più si fanno apprezzare al largo pubblico, acquistano valore storico-antiquario come un mobile Luigi Filippo o un argento inglese, escluse le relative quotazioni da capogiro. Il bello delle piante, in questo senso, è che basta scovare una varietà preziosa in un giardino abbandonato e poi la riproduzione può avvenire all’infinito a basso costo. È quanto sta succedendo in tutto il mondo con le cosiddette “rose antiche”, coinvolte in un successo di massa che sa di vendetta verso la modernità perfezionista e lineare, responsabile di aver sottratto fascino alle rose a favore della loro rifiorenza per tutta l’estate. Ma in questo modo si è rinunciato al profumo e alla grazia non addomesticata, alla semplice armonia delle specie naturali e alla magia irrepetibile dell’abbondanza di boccioli in un momento solo dell’anno, sul finire della primavera.
Si prenda in considerazione per esempio “Albéric Barbier” una sarmentosa Wichuraiana che si arrampica per oltre 6 metri con vigore inaudito. A fine maggio, quando esplodono i suoi boccioli color crema, è uno spettacolo formidabile, sottolineato dall’intenso profumo di mela. Si esibisce per settimane e, quando il sole si avvia al solstizio d’estate e fa scolorire i mille petali centrali velati di giallo, lei abbandona la scena, cede il passo ad altri fiori di stagione, lasciando il giardiniere esteta un po’ malinconico per la perdita. Una simile creatura ha giusto cent’anni, avendola ottenuta Barbier, rosaista francese di Orléans, nel 1900. Nello stesso anno e a poca distanza la Roseraie de l’Haÿ inviava all’esperto inglese Graham Stuart Thomas per la determinazione un’altra sarmentosa che cresceva senza nome in questo giardino presso Parigi, tutt’ora famoso. Essendo sconosciuti la parentela e l’ottenitore, le fu assegnato il nome “Bleu Magenta”. Da un secolo i grandi fiori stradoppi, viola porpora cangianti in rosso ciliegia e lilla, tengono la scena di fine maggio nei giardini di tutto il mondo, rivestono per 3 metri in scalata libera le facciate delle case e il tronco dei vecchi alberi, si abbandonano con struggente dolcezza al comodo appoggio dei pergolati. Dal canto suo, un’altra centenaria che porta il nome “Soleil d’or” si fa ancora apprezzare per l’incredibile giallo arancio uniforme dei petali e per la grandezza dei fiori: è tra i primi ibridi di Tea, la progenitrice di tante rose moderne. E la coetanea “Fantin Latour”? Di questi tempi conosce una seconda giovinezza grazie all’incanto dei suoi fiori piatti, profumati, d’un rosa delicato, che si schiudono su cespuglietti soffici ed eleganti anche quando non sono ingioiellati a festa. E allora: meglio una fioritura sola, esplosiva, totale, mozzafiato, oppure i boccioli sparsi delle rose moderne, che in stagione si formano qui e là su steli sempre un po’ rigidi, come signorine senza energia che non sanno imporsi da regali protagoniste? Chi ha provato a coltivare nel proprio giardino le rose antiche ha risolto il dilemma.
Quelle appena citate non sono le rose più antiche che si conoscano. “Agatha”, una arbustiva a fiori rosa riuniti a mazzetti, ha appena compiuto duecento anni e non mostra neppure una ruga, anzi profuma di buono e di fresco come una adolescente e i suoi numerosissimi petali arrossiscono timidamente quando sono completamente schiusi. “Centifolia Bullata” ha gli stessi lustri di vita, lo stesso colore ed è altrettanto fragrante. Sono figlie entrambe del 1801 e inaugurano un secolo che ha dato un contributo fondamentale alla storia delle rose da giardino con una serie enorme di varietà caratterizzate dai fiori a coppa larga, talmente colma di petali da non riuscire quasi a contenerli tutto, sicché i più centrali restano avvolti su se stessi senza mostrarsi mai completamente. Gli inglesi negli ultimi decenni hanno provato con buoni risultati a riprodurre la stessa struttura dei fiori sui rosai contemporanei, che però sono capricciosi, fioriscono solo quando e se vogliono, si ammalano nei terreni troppo calcarei o troppo acidi e non esalano più quei profumi indimenticabili di agrumi e di spezie, di zucchero caramellato e di muschio, di frutta e di marmellata. Chi non fosse ancora convinto della superiorità delle une sulle altre, attenda maggio per andare di corolla in corolla ad annusare le mille essenze di cui si ammantano: scoprirà il potere evocativo dei profumi di rosa, la capacità di far ricordare un fiore per sempre.
A voler inseguire il filo dei compleanni a cifre tonde che cadono quest’anno, tra le prosperose bellezze tardo romantiche non si possono dimenticare “Maurice Bernardin” (altrimenti chiamata “Général Jacqueminot”), rosso cremisi chiaro e fragrantissima, creata da Granger nel 1861 e l’esuberante “Marie van Houtte” del 1871, che ha dato fama duratura al suo creatore, il francese Ducher; per tutto il Fin de Siècle, con il suo rosa tenue sfumato di giallo e di arancio, è stata la varietà più popolare anche nei vasi dei balconi. Come quasi tutte le rose antiche, se è stata piantata in terra fertile, abbastanza soleggiata, non avrà bisogno che di qualche annaffiatura e di modeste potature, mentre le rose moderne sono sempre affamate e devono essere concimate abbondantemente con continuità perchè possano rifiorire, e senza la potatura drastica a fine inverno non sanno formare boccioli sufficienti a giustificare la loro presenza in giardino.
Avanti con le antiche, allora, anche perchè quest’anno c’è motivo di festeggiare i 120 anni di due varietà straordinarie, che non possono mancare in giardino. “M.me Isaac Pereire” è stata creata da Garcon e dedicata alla moglie di un importante banchiere parigino dell’epoca di Napoleone III. Ruberà la scena verso metà maggio, quando il vigoroso arbusto (rigorosamente da lasciar crescere in forma libera: guai al giardiniere che interviene) si coprirà di vistose coppe rosa scuro, quasi violacee, che emanano un profumo intenso. Se sembra avere una fioritura troppo breve e non le si può concedere tutto lo spazio che merita, l’attenzione vada a “Cécile
Brünner”. Arbustiva di dimensioni contenute, eppure superba nel suo abito rosa argento e nel suo profumo dolce e speziato, non sembra figlia del 1881, almeno per il fatto che lei sì, rifiorisce per parecchi mesi.
Di anniversario in anniversario, c’è da scommettere che nascerà il desiderio di spingersi sempre più lontano nel tempo, di mettere alla prova nelle bordure di casa l’immortalità di rose quali Rosa foetida bicolor dai petali semplici cangianti in rosso e giallo, che di anni ne ha ben 400, e “Cuisse de Nimphe Emue”, una delle prime rose documentate nei giardini inglesi e francesi. Di lei si dice che vada a compiere cinquecento anni, tutti trascorsi in smagliante bellezza, rinnovando ogni anno in maggio il rito di schiudere i grossi boccioli per mostrare i petali rosa, che con i giorni impallidiscono ai margini. Il nome francese (“Coscia di ninfa emozionata”) deve essere parso troppo osé nella codina Inghilterra della regina Vittoria, se Oltremanica le trasformarono il nome in “Maiden’s Blush” (“Rossore di fanciulla”). Anche con questo appellativo potrà essere acquistata nei vivai, che la propongono con immutato entusiasmo da mezzo millennio.
cercando esemplari di zucca simili a quelle che stanno crescendo nell’orto mi sono imbattuta nel suo blog: molto bello e interessante, grazie. Non ho trovato la “mia” zucca ma questo blog che seguirò sicuramente ancora. Renata Aghemio
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Quanto mi piace la sua scrittura…
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