Technicolor l’estate con i fiori country

pubblicato su MR Characters – estate 1999

Vietato a chi ama le soluzioni formali, a chi persegue l’ordine nelle aiuole del giardino come negli armadi di casa, a chi fa della filosofia del verde invece di viverlo. I fiori d’estate in stile campagna (la moda preferisce definirli country, ma è lo stesso) non ne vogliono sapere di lasciarsi irreggimentare: la loro bellezza sta nella scompigliata esuberanza, nei colori esagerati e associati quasi casualmente, nella capacità di offrire molto più di una stagione effimera in giardino. Tutto quel rosso-blu-giallo in libertà non risponde ad alcuna architettura razionale, ma ha una ragione e un referente storico: i jardins de curé ottocenteschi e ancora precedenti, che circondavano le canoniche di campagna e che fornivano i fiori da taglio destinati gli altari.
Ora la solerzia di perpetue d’antan pervade i giardinieri della domenica. Si presume che la riscoperta di questo stile sia dovuta all’accresciuto interesse per le cose genuine del tempo passato, per le vecchie case lontane dallo stress urbano con il loro terreno da riscattare ai rovi, infine per le ricette di vita dei nonni che sapevano come campare più a lungo a contatto della natura. I fiori allegri e rustici per questi luoghi hanno soprattutto il ruolo di rinfrancare lo spirito. Non diceva Kandinsky che il colore è un mezzo per esercitare un influsso diretto sull’anima? Via libera allora ai papaveri rossi, alle distese di campanule blu, alle gallardie rosse e gialle, alle lavande violette, ai nasturzi arancioni, alle semplicissime calendule gialle che, con i loro colori ben definiti, affrancano dalla moda precedente per il tutto pastello, un mare di esangui nuances rosa, azzurrine, crema e lillacine più adatte a redimere con modi civili i grigi deprimenti della città. Questi sono fiori energetici, mettono di buon umore solo a guardarli e in più tutto il tempo risparmiato nella manutenzione che a loro non serve (alcuni, come le bocche di leone, si disseminano addirittura da soli, se si trovano bene dove sono stati piantati) va a vantaggio del tempo per imparare a goderli per quello che sono: ospiti casual ma non casuali di luoghi riservati alla creatività.

Specie di taglia alta quali speronelle, dalie, aquilegie, margherite, gigli, lisimachie, digitali, agli ornamentali, piselli odorosi, girasoli si lasciano raccogliere per i mazzi senza sottrarre nulla all’estetica del giardino. Il giardiniere country mescola i loro steli solidi a quelli delle rose antiche (o inglesi che sembrano tali, comunque a molti petali, più da Ottocento romantico che da eleganza contemporanea) e rifinisce bouquets e trionfi per la casa con tutto ciò che offre la campagna vera, non addomesticata: tralci di edera, fasci d’erbe e rami delle siepi, più avanti in stagione mazzi di bacche e frutti selvatici…
Nel giardino country non esiste la banalità, perciò gli effimeri e semplici fiori stagionali hanno lo stesso diritto di cittadinanza delle erbacee perenni di nobili origini, che vivono parecchi anni e si ripropongono sempre più vigorose. Le sfruttatissime petunie e le verbene si allungano oltre i bordi delle aiuole e, se vanno a disseminarsi nella ghiaia dei vialetti, a nessuno viene in mente di rimuoverle; i tagete e i nasturzi crescono ovunque come gramigna, nell’orto con l’avallo degli esperti di orticoltura biologica (pare che proteggano le verdure dai parassiti) come nelle bordure, nelle fessure dei lastricati, giù dai muretti. Quasi impossibile farne mazzolini, vanno lasciati lì per i fatti loro, non si sa mai che qualche seme perpetui la specie e l’anno dopo ci sia la sorpresa di ritrovarli in tutt’altra parte di un giardino sempre più caotico, e per questo più  vivace e più interessante.
Fanno country come è ovvio i papaveri (tutti, anche quello celeste  del genere Meconopsis, un po’ capriccioso e da ombra), i fiori a forma di margherita perchè sono il simbolo della semplicità informale e quelli della flora spontanea (garofanini e malvarosa,  Centranthus e lino, achillee e lupini) perchè sono copiati dai prati, dalle radure e dai fossi che stanno oltre la recinzione del giardino. Ma rifuggono le inamidate atmosfere urbane anche i fiori da seminare in primavera pensando che saranno essiccati nella rovente atmosfera d’estate per ritrovarseli complici preziosi in inverno: l’elicriso, la damigella, il semprevivo, lo xerantemo, l’acroclinio, tutti di consistenza cartacea già in boccio, come se non aspettassero altro che di diventare eterno ornamento di cestini e ghirlande.
E per ottenere con questi fiori i colori, i profumi, i mazzi e tutta la spensierata libertà d’estate non è necessario essere nati pollici verdi: le regole da rispettare sono davvero minime. La posizione deve essere in pieno sole o semiombreggiata solo qualche ora al giorno. Va bene qualsiasi terreno, purchè l’acqua non ristagni; quando si rende necessario migliorare il drenaggio, basta mescolare qualche manciata di sabbia fine (se ne trova di adatta persino nei supermercati, proposta come lettiera dei canarini). Le erbacee perenni si acquistano in vasetti d’autunno o di primavera; una volta messe a dimora, vanno lasciate indisturbate almeno quattro o cinque anni prima di moltiplicarle, nel periodo del riposo invernale, togliendo dalla terra i cespi, dividendoli con le loro radici e ripiantando distanziate le due o tre porzioni così ottenute. Invece i piccoli fiori estivi, che muoiono con il sopraggiungere dell’autunno, vanno seminati a marzo oppure acquistati già pronti per il trapianto. Non sono necessarie concimazioni speciali, solo un pizzico di fertilizzante specifico in maggio e ancora un po’ in luglio, perchè la stagione dei fiori country duri sino ad ottobre. Comprendendo astri tardivi e crisantemi, sino a novembre.

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