Alberto Olivucci è nato a Rimini nel 1963, dove ha conseguito il diploma di perito turistico prima di aprire un negozio di prodotti biologici. Dal 1990 vive in un podere sulle colline marchigiane dove si dedica alla coltivazione di vecchie varietà orticole e coordina l’attività dell’Associazione Kokopelli Italia per la conservazione delle sementi della biodiversità.
Provate a chiedergli che cosa faccia nella vita, e vi risponderà enigmatico: “Mi dedico”. Sorride appena mentre lo dice, lasciando intendere che dovrebbe essere chiaro a tutti a che cosa vale la pena di offrire dedizione incondizonata. Bisogna stargli insieme qualche ora e guadagnare la sua fiducia per tirargli fuori la sua storia. Che è la storia di come ha maturato la decisione di diventare contadino a tempo pieno con lo scopo di garantire la sopravvivenza delle vecchie varietà ortive e di come sia giunto ad essere il capofila italiano di una rete europea di “salvatori di semi”, sull’onda di un movimento nato negli Stati Uniti nel 1976 e dilagato negli anni in cui le istituzioni europee imponevano il catalogo ufficiale delle sementi ammesse alla vendita, escludendo di fatto tutti i piccoli sementieri e le varietà locali e forzando il processo di omologazione in agricoltura.
Alberto Olivucci è un “vecchio ragazzo” pacioso, sul quale la fretta ansiosa dei nostri tempi non sembra produrre alcun effetto. Nella sua città, Rimini, ha frequentato l’istituto turistico, dove si è diplomato e dove subito dopo si è impiegato nel settore turistico, che sulla Riviera Romagnola gli avrebbe garantito lavoro per tutta la vita. Dice invece, quasi parlasse di qualcun altro o di un’esperienza lontanissima, che quel perido non ha lasciato niente: “Sono stato urbano forzato sino a 27 anni e, dopo l’esperienza insoddisfacente di due stagioni nel settore per il quale avevo ricevuto la formazione scolastica, ho aperto un negozio di prodotti biologici, e me ne sono occupato per sette anni. Ma io volevo altro, volevo vivere di sola campagna”. Così nel 1990 Olivucci trova un podere sulle colline marchigiane dalle parti di San Leo, in provincia di Pesaro, e decide di trasferirsi. Ha gli occhi che gli brillano quando parla di quei cinque ettari di terra tutto limo e sassi che avrebbero scoraggiato chiunque, ma non lui. Nell’introduzione al suo libro “Alla ricerca degli ortaggi perduti. Salva i semi con i Seed Savers” (Distilleria EcoEditoria, Forlì, 2000), Olivucci racconta che l’offerta dei cataloghi di sementi dai quali attingere le varietà da coltivare non solo era sempre monotonamente la stessa, ma non rispondeva al suo desiderio “di coltivare un orto biologico che, oltre ad assicurarmi una costante autosufficieza, fosse anche un luogo dove esprimere fantasia e creatività”. Così nell’inverno 1996 si mette sulle tracce di alternative e le trova finalmente nel catalogo del francese Terre de Semences, che gli rivela l’esistenza di 250 varietà di pomodori di tutte le fogge e di tutti i colori e di centinaia di peperoni, zucche, lattughe, fagioli e altri ortaggi di cui non aveva mai sentito parlare prima, eppure patrimonio tradizionale dei popoli e garanzia contro l’erosione genetica. Aggiunge: “Da quell’anno la biodiversità delle piante alimentari mi è entrata nel sangue e nel cuore e ho imparato ad amare questi antichi ortaggi che nei secoli hanno offerto cibo all’umanità, ma le cui sementi, per motivi di mercato, sono ora estromesse dai circuiti commerciali e, non più rimoltiplicate, vengono lasciate morire. Per sempre. Da quell’anno ho deciso di imparare a salvare tutti i semi minacciati di estinzione che sarei riuscito a trovare”.
Oggi Alberto Olivucci divide l’attività tra la coltivazione di erbe aromatiche e vecchie varietà di ortaggi delle campagne italiane per ottenerne i semi, e il ruolo di presidente del “ramo” italiano di un’associazione dedicata a Kokopelli, mitico suonatore di flauto che porta un sacco di sementi sulle spalle e per gli indiani Hopi del sud est americano fu simbolo di felicità e fertilità. Tra gli scopi dell’associazione, diffondere le sementi “diverse” e organizzare una rete di “orti di Kokopelli” in cui i soci si impegnano a conservare nel proprio orto almeno una varietà e a consegnare le sementi prodotte per la distribuzione. Non ultimo, partecipare finanziariamente alle azioni di solidarietà nei paesi più poveri della rete di associazioni Kokopelli in Europa. Intanto Olivucci sta portando avanti la traduzione del voluminoso libro (oltre 500 pagine) “Le sementi di Kokopelli” di Dominique Guillet, un altro che, per tenere in vita le infinite risorse orticole del passato, sta dimostrando quanto le regole del mercato sementiero siano miopi.
E’ meglio aggiungere qualcosa.
“Mi dedico” è la traduzione di “I care” del povero Don Lorenzo Milani, la qual cosa rende già meno enigmatico e fascinoso il tutto.
Visitando sia il sito dei seed-savers italiani che il sito di kokopelli italia, si vede che di varietà italiane salvate dal 1996 ad oggi non ce ne sono, mentre sono presentissime varietà estere, nella maggioranza dei casi provenienti dagli USA e creazioni recenti di appassionati hobbisti.
Libri in italiano sulla produzione delle sementi sono già pubblicati, come ad es. questo: http://www.hoepli.it/libro/manuale-di-autoproduzione-delle-sementi-con-tecniche-di-agricoltura-biologica/9788850646487.asp . La Regione Toscana ne pubblicò una versione ridotta a diffusione gratuita.
Nel libro “Alla ricerca degli ortaggi perduti” si perde un’ ottima occasione per sapere quali sono quelli italiani, come salvarli, come riconoscerli, come distinguerli, come riprodurli.
Molte aziende sementiere e vivaistiche da tempo si sono adattate alla richiesta di “tipicità” (o semplicemente “curiosità vegetale”) e si trovano in vendita semi e piantine di varietà “tipiche”, nonostante divieti e regolamenti (siamo o no in Italia?)
In rete esiste una vera e propria galassia di venditori di semi di ortaggi, di qualsiasi tipo e provenienza (basta googlare ed avere una Post Pay).
Di siti o ring di “scambiatori di semi” (a partecipazione totalmente gratuita) in rete è facilissimo trovarle. Una dei circuiti di questo tipo (gratuito) è quello francese: http://semences-partage.forum-tomates.net/ , ma anche l’italiano http://www.compagniadelgiardinaggio.it/banca-del-seme ed altri.
Molti altri aspetti potrebbero essere approfonditi per orientarsi meglio in questi settori molto affollati.
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@agricolo Ciò che ho scritto di Olivucci risale a molti anni fa. A mio parere da allora lo scenario è evoluto se possibile in negativo, mostrando tutte le pecche e le magagne di essere italiani, a tutti i livelli: dalle leggi che siamo capaci di concepire (e di quelle che non siamo affatto in grado di fare, eppure dovremmo) sino all’ultimo appassionato ortista modaiolo. Bisognerà parlarne e lanciare strategie utili a tutti.
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