E’ titolare con il fratello Nello del vivaio Fratelli Gilardelli di Agrate Brianza (Mi), specilizzato nella produzione di aceri giapponesi. Riconosciuto come uno dei massimi esperti mondiali di aceri, ha all’attivo la creazione di numerose varietà e un sistema di innesto in pieno campo che è alla base dell’attuale successo imprenditoriale dell’azienda di famiglia.
Se gli viene chiesto di definirsi con un motto, non ha incertezze a rispondere: “Datemi una leva e vi solleverò il mondo”. Niente male, un vero spirito imprenditoriale lombardo degno d’altri tempi.
A settant’anni Giordano Gilardelli, infaticabile signore degli aceri giapponesi che tiene alto il nome del vivaismo italiano a livello internazionale, continua a invocare situazioni e contatti che siano strumenti utili per alimentare la propria insaziabile curiosità di ricercatore specializzato. Sottolinea infatti: “Sono sempre stato curioso e ho girato il mondo con gli aceri nella testa e nel cuore”. Con il fratello Nello rappresenta la quarta generazione di un vivaio brianzolo nato nell’Ottocento per fornire le indispensabili piante di gelso agli allevatori di bachi da seta e convertito negli anni Trenta del secolo scorso alla fede degli aceri, con progressive espansioni anche sul fronte dei Cornus, dei faggi, dei peri e dei meli ornamentali e di altre alberature destinate al verde urbano. Lui, Giordano, ha usato una delle molte leve che gli sono capitate a tiro per convertire ulteriormente negli anni Sessanta l’azienda di famiglia da artigianale a industriale. L’attività prosegue senza cedimenti, anzi con sempre più lusinghieri successi e riconoscimenti in Italia e all’estero, che non scalfiscono lo stile monolitico di questo produttore di piante mai sazio di quanto ha ottenuto, di certo però orgoglioso della propria identità e del proprio ruolo. Se sollecitato a parlarne, racconta per esempio che un paio di anni fa ad Atlanta, negli Stati Uniti, ad un convegno di alte cariche istituzionali è stato presentato come il “vivaista italiano più conosciuto in America”. E che un’altra volta a Portland, in Oregon, quando si è affacciato all’ingresso del maggiore vivaio di conifere americano chiedendo di poterlo visitare, l’impiegato si è alzato dalla sedia con riverenza e ha chiamato subito il general manager, che lo ha ospitato con tutti gli onori riservati ad una grande personalità.
Sembrerebbe malinconico, ma non è affatto vero, quando dice: “L’anagrafe mi penalizza” come se la sua età fosse un handicap o, piuttosto, come se qualcuno l’avesse punito per tanta intraprendenza manomettendo i dati della carta d’identità. Per nulla allarmato dalle insidie dell’anagrafe, Gilardelli continua facendosi beffe del tempo a inseguire il tema degli aceri giapponesi, e il 35 per cento di quanto produce a ciclo completo nei 70 ettari di terra coltivata tra Agrate Brianza e Pistoia prende la strada dei giardini tedeschi, olandesi, belgi, inglesi, francesi e spagnoli. Viaggia, si sposta, fa consulenze, crea nuove selezioni, intraprende battaglie internazionali sulla paternità di varietà che altri si sono permessi di commercializzare con nomi diversi da quelli che ha depositato (e le vince) e ha l’aria di non voler cedere il testimone alle due figlie e al genero che lavorano in azienda. Ma non nasconde di contare anche sul contributo che il nipote, per ora studente universitario, potrà dare alla prosecuzione di una brillante tradizione vivaistica di famiglia.
Quando gli sembra di aver esagerato a raccontarsi e a raccontare tra le righe una realtà produttiva con 55 dipendenti e un fatturato di tutto rispetto, prova a sminuirsi: “Io in famiglia sono solo il praticone. Mio fratello sì, che ha studiato: è laureato in Economia”. Ma intanto in omaggio alla tempra di questo protagonista una delle ultime varietà selezionate dalla Fratelli Gilardelli porta il suo nome, per quanto inglesizzato; Acer shirasawanum “Jordan” si segnala per le tonalità gialle, luminose “quasi come un raggio di luna”. Dorata anche un’altra varietà presentata con grande successo nel 2002, Acer palmatum “Summer Gold”, alla quale è stato subito riconosciuto il merito di essere la più resistente all’esposizione diretta al sole e al caldo nella gamma varietale di aceri palmati. “Ma non è finita” – racconta Gilardelli più o meno per dire che non vale sedersi sugli allori invece di inseguire altre leve per sollevare il mondo – “tra breve ne arriveranno altre, e saranno ancora migliori”.