Guido Novaro

Guido Novaro, sanremese, ha vissuto 32 anni a Villa Hanbury, dove è stato capo giardiniere e ha retto le sorti del giardino anche nei momenti bui della sua storia. Botanici ed esperti gli riconoscono una grande esperienza, soprattutto nella coltivazione delle piante rare da clima mite. Negli ultimi anni ha ricevuto alcuni riconoscimenti per l’attività.

Piccoli protagonisti quotidiani, che la spensierata superficialità del nostro tempo ha fatto dimenticare troppo presto, quando avevano un eccezionale patrimonio di competenze e conoscenze da trasmettere. C’è gente di giardini che ha costruito un pezzo di storia del verde ornamentale italiano degli ultimi cinquant’anni e di cui non si conosce neppure il nome. Come quello di Guido Novaro, indissolubilmente legato a Villa Hanbury. Fuori dalla cerchia di botanici e studiosi di giardini storici, nessuno sa chi sia questo ligure avaro di parole perché convinto di non aver nulla di importante da raccontare soprattutto adesso che, da qualche anno in pensione e ancor sempre “single perché non ho mai avuto tempo di sposarmi” (ne parla proprio così, sorridendo un po’ amaro), è ritornato alle attività contadine per occupare le proprie giornate. Coltiva ortaggi a Molini di Triora, 40 chilometri da Sanremo dove è andato a vivere con la sorella; a settantatre anni si alza alle cinque la mattina e torna a casa con il buio, pur di poter ancora piegare la schiena sulla terra che è l’unico modo di vivere che conosce.
Nato come uomo di campagna, passato a lavorare con il Corpo Forestale sulle montagne della sua regione, gli è poi capitata la ventura di essere assunto come giardiniere a Villa Hanbury. Erano tempi in cui, più di un pezzo di carta attestante un diploma, valevano l’amore per le piante, la capacità di capire la terra e i suoi cicli, la curiosità per scoprire il mondo delle specie vegetali sconosciute, l’abilità per imparare a coltivarle. Dice: “Allora eravamo artigiani, non come oggi. I giovani lavorano in un altro sistema, hanno le macchine, hanno studiato e guardano l’orologio per non stare sul lavoro un minuto in più di quanto gli venga pagato”. A Villa Hanbury, Guido Novaro ci è rimasto 32 anni, scalando per meriti sul campo le tappe di una carriera per nulla ambiziosa e attraversando alla guida di un manipolo di giardinieri le tristi vicissitudini in cui era caduto questo gioiello, dando prova di grande competenza, inusuale forza d’animo, caparbia capacità di mantenere viva, nonostante le ristrettezze economiche e la mancanza di guida, una rete di rapporti europei. Oggi sembra aver dimenticato tutto: chi ci mette passione e senso morale si sente coinvolto in quel che fa e tende a minimizzare il proprio comportamento virtuoso. Solo raccontandogli che già lo si è saputo da altri, si riesce a fargli dire che nel 1979 ha lavorato un anno senza prendere lo stipendio perché il mondo intero (esclusa una caritatevole associazione inglese) aveva dimenticato Villa Hanbury, ma il giardino per sopravvivere aveva comunque bisogno di manutenzione e non lo si poteva lasciare all’abbandono. Aggiunge: “Non ero il solo però; eravamo in venti, compresi gli impiegati, e nessuno ha lasciato il suo posto. Poi dopo diversi anni ci hanno riconosciuto qualche lira, ma avremmo fatto le stesse cose ugualmente”.
Che i brutti momenti dei giardini fossero bei tempi per le persone? Guido, vecchio giardiniere stanco e tuttavia ancora innamorato della terra, ha messo da parte con un colpo di spugna il passato ma non quanto ha imparato delle piante rare e della loro acclimatazione nel clima ligure e sottolinea: “Me le ricordo bene, me le ricordo come se fosse ieri. Quella volta per esempio che gli inglesi mi hanno insegnato a coltivare Clianthus formosus, che si trovava solo ai Kew Gardens”. E aggiunge: “Se ha un attimo di tempo, le dico come si fa”. È l’unico accenno al desiderio di condividere una passione coltivata per sé solo.
Chi lo ha conosciuto negli anni bui, si chiede come faccia oggi a fare senza di quella serretta in cui, a dispetto delle dimensioni anguste, riusciva a coltivare in vaso un universo di meraviglie; senza le bulbose rare, gli Ensete ventricosum da seme, i Sedum, gli agrumi. Ma per Guido Novaro la conversazione è finita e forse sta già pensando alle ortaglie dell’indomani. Aggiunge solo, ormai distante: “Sa che possiedo la cassetta di quel documentario su Villa Hanbury della BBC in cui mi si vede al lavoro?”.

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