Paolo Odorizzi è nato a Cles, in provincia di Trento, nel 1954. Discendente da una famiglia di frutticoltori e commercianti della Val di Non, è architetto restauratore di antiche dimore. Ha fondato a Ronzone (TN), dove vive, l’Associazione Spadona che sta svolgendo un importante lavoro di recupero e valorizzazione delle vecchie varietà di frutta locali.
No casca pomi dolzi da ‘n àrbol de pomi aspri dice un vecchio proverbio trentino: da un albero di mele aspre non possono maturare mele dolci. Sentite come questa sintesi di saggezza contadina calza a pennello, nel suo sottinteso contrario, a Paolo Odorizzi, architetto quarantottenne arroccato in una bella casa antica di Ronzone, nell’Alta Val di Non. Lassù, in cima alla valle più famosa d’Italia per la produzione di mele omologate, i frutteti industriali non arrivano, il territorio si è conservato integro come ai tempi dell’impero austro-ungarico ed è tutto un fermento attorno ad un’idea di frutticoltura “altra”.
Merito di Odorizzi, in senso figurato la mela dolce di una famiglia di pionieri della frutticoltura locale: un po’ timido e un po’ snob, dotato di intuito imprenditoriale, un giorno ha capito che il germe del futuro è nel passato, tutto sta ad usare gli strumenti e le conoscenze di oggi per riproporlo rinnovato. Poi, in senso stretto, le mele dolci Odorizzi le ha trovate davvero, arrossate al sole dell’autunno nei prati tra Seio e Fondo su un albero monumentale vecchio più di duecento anni: undici metri di altezza, quasi tre metri la circonferenza del tronco. Tanto buone, belle e sane quelle mele, che lo scopritore ha perfezionato un progetto per coinvolgere l’intera comunità di Ronzone e la varietà ignota, ma sicuramente del gruppo delle “Rosa”, è diventata “Rosa di Fondo”.
A dire il vero ad accendere la miccia è stato un raccolto di pere “Spadona” nella proprietà che Odorizzi aveva appena acquistato sulla piazza del paese per trasferirsi con la famiglia. Riconosciute speciali per sapore e profumo, sono state l’aggancio per un’associazione dallo stesso nome. Era il 1997.
La “Spadona” e la “Rosa di Fondo” sono i primi ritrovamenti di quello che è stato ribattezzato il “Giurassic Park vegetale dell’Alta Val di Non”: oltre 60 varietà diverse tra 1000 e 1200 metri di quota, che si chiamano “Fragone”, “Limonzino”, “Rosso Nobile”. Alla testa di un manipolo di soci motivati, Odorizzi ha organizzato commissioni di assaggio perché fosse la gente a stabilire quali riprodurre e piantare in un nuovo frutteto conservativo. Ha fatto analizzare nel laboratorio dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige il DNA di una mela ritenuta “Belfiore Giallo”, ma con caratteristiche organolettiche eccezionali, scoprendo che si trattava probabilmente di una mutazione genetica spontanea risalente al 1920, subito ribattezzata “Belfiore di Ronzone”. Poi, temendo che tutto quel bendidio di alberi che emergeva dalle ricerche potesse essere annullato dai colpi di scure dei proprietari ignari del loro valore, ha misurato, fotografato e fatto i rilievi fotogrammetrici del singolare museo vivente della sua valle e si è offerto di acquistare ogni anno tutto il raccolto ad un prezzo molto alto. Quando infine si è trovato in casa quintali di mele e di pere spettacolari, ha dato il via alla seconda parte del progetto.
Adesso Paolo Odorizzi è “cargà come ‘n pomàr”, è carico di impegni come i “patriarchi” di mele e si divide tra professione, associazione e pubblicazione di una serie di libri per mettere nero su bianco la storia di questo patrimonio ritrovato. Mille piante di “Belfiore di Ronzone” sono appena state messe a dimora in un’area di 20 ettari nel comune da cui la varietà prende il nome e presto forniranno 200 quintali di frutti destinati ad un dolce che ambisce a competere con il panettone e la torta Sacher. Nell’attesa maturano i distillati e il calvados, ai quali i soci dell’Associazione Spadona montano la guardia, quando non sono occupati nei prati della valle o in giro per l’Italia a raccontare il loro tesoro.
Sono un coetaneo e corregionale di Paolo Odorizzi, di Preore, volevo segnalarti un “patriarca” particolare, un leccio secolare in località Sarche comune di Calavino nella Valle dei Laghi, gia segnalato sulla statale per Riva del Garda dalla PAT.
Saluti Rodolfo Scalfi
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