Nato nel 1926 a Solarolo, (Ravenna), Raffaele Bassi si occupa di frutticoltura da cinquant’anni. È conosciuto come il massimo esperto italiano di coltivazione del castagno e come divulgatore di doti eccezionali. Ha pubblicato diverse monografie, tra cui quelle sull’albicocco, il nocciolo e il noce.
La pesca carnosa e succosa che vi sta dissetando potrebbe essere una sua selezione e chiamarsi “Romagna mia”. Lui, Raffaele Bassi, l’ha dedicata alla terra in cui è nato e che ha lasciato quasi quarant’anni fa per trasferirsi a Cuneo come direttore dei locali campi sperimentali di frutticoltura dell’Asprofrut. Oppure potrebbe essere una pesca “Roberta Barolo” (il nome della nuora) o, se l’avete raccolta da uno degli alberi della vostra collezione di frutti antichi, una “Beicme Bin” (vecchia varietà piemontese che Bassi ha riscoperto; il nome dice tutto: “Guardami bene”) o ancora, se curiosamente appiattita come se fosse finita sotto un cingolato, una pesca coreana “Yum Yeong” che questo instancabile scopritore ha fatto conoscere sul mercato italiano non molti anni fa. Dice convinto che, con altre varietà di identica provenienza, sarà la “pesca da morso” del futuro, la pesca buonissima da lanciare per il passeggio invece del gelato e, aggiunge sornione, da promuovere per il pic-nic informale all’ambasciata, perché la può addentare senza incidenti diplomatici (causa schizzi indelebili) anche la signora che ci tiene all’etichetta.
Sanguigno e schietto, Raffaele Bassi all’etichetta non bada affatto e usa la lingua, la fantasia e l’ironia come la propria intelligenza e la propria competenza. Sa condire i discorsi con quel tanto che serve per mantenere desta l’attenzione di tutti, compresi i non addetti ai lavori: all’occorrenza, che si tratti di un convegno internazionale o un corso di potatura per principianti, non lesina una raffica di barzellette o una battuta un po’ tagliente. Agronomo laureato a Bologna, esperto in frutticoltura da sempre, consulente della FAO e di altre organizzazioni, divulgatore di grande efficacia che gli amatori conoscono per i suoi libri, per gli articoli sulle riviste specializzate e per le lezioni che tiene con grande seguito ovunque, sembra farsi guidare più dall’entusiasmo personale che dalle regole della professione, forse confidando in un fiuto formidabile per le scoperte, come lascia per altro intuire quel suo naso piuttosto importante.
Adoperandosi per valorizzare la frutticoltura e l’orticoltura cuneesi, ha dato nuovo impulso alla selezione del castagno e alla ricerca contro le malattie che anni fa avevano decimato questa importante coltura di montagna. Ha lavorato sui frutti minori, ha testato le qualità organolettiche e la resistenza alle malattie delle vecchie varietà di melo, ottenendo per alcune la reintroduzione nei frutteti industriali. Forse per timore di diventare vecchio prima del tempo a forza di reggere il filo di ciò che già c’era e doveva solo essere ritrovato, ha selezionato nuove varietà e ha fatto conoscere specie frutticole d’altri luoghi della terra adattabili alla coltivazione in Italia. Tra questi il banano di montagna (Asimina triloba), il nashi o pero giapponese, il capulì, ma anche Amelanchier canadensis, Actinidia arguta, Prunus tomentosa, il castagno nano “Tanzawa” e il pesco cipressino perchè sono così belli da poter sostituire le specie ornamentali in giardino e in più al momento giusto sanno accontentare il palato.
Il giorno dopo Ferragosto questo Leone disubbidiente al tempo che passa compirà 76 anni. Intorno, nel rifugio di Chiusa Pesio dove prosegue per piacere le prove che ha condotto a lungo per professione, avrà i figli e le cinque nipotine che, con la moglie Mimma, ha educato alla curiosità per le genti del mondo e per le buone cose della terra. Con loro raccoglierà more e mirtilli, preparerà le pesche sciroppate e la conserva di pomodoro e forse metterà a punto qualche nuova tecnica con il figlio Guido, agronomo e vivaista frutticolo di successo.
Raffaele, ci mancherai. Non esistono più divugatori come te, studiosi entusiasti capaci di trasmettere scienza e coscienza del rapporto con la terra. Riposa in pace e grazie della lezione che ci hai lasciato.
Domenica 10 dicembre 2017.
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mi dispiace molto. i primi giorni di lavoro presso l’ERSAL nel 1981 il suo amico Giancarlo Curzel, ricercatore a San Michele all’Adige e mio primo dirigente, mi inviò a fare un bel ripasso di ortofrutticoltura all’Asprofrut per quasi 2 mesi. Fu un’esperienza intensa, ricca ma anche divertente; con lui, col dottor Marchisio su una vecchia R4 scassata puzzolente di sigarette Bis. In giro per le aziende del cuneese a fare assitenza tecnica. Mi dispiace di non averli più incontrati ma anche di non averli cercati. Edgardo Tavazza, tecnico ERSAF – Milano.
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Gentile signor Tavazza. anch’io ultimamente penso a Raffaele e lo cito come agronomo che vorremmo avere oggi ad affiancarci, ma anche coe straordinario divulgatore che ha avvicinato alla frutticoltura amatoriale molti italiani.
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