Sandro Pignatti è nato a Venezia da padre mantovano e madre modenese. Autore della monumentale “Flora d’Italia”, è stato docente di Botanica in diverse università e di Ecologia alla ”Sapienza” di Roma. Dalla sua critica degli attuali modelli di sviluppo è nato il libro “Assalto al pianeta. Attività produttiva e crollo della biosfera” scritto con l’economista Bruno Trezza e pubblicato nel 2000.
Cerca di sottrarsi alla richiesta di parlare di sé: “Io non sono certamente un protagonista: il concetto di agonismo, cioè di gareggiare, è lontano dal mio modo di pensare”. Ma Sandro Pignatti protagonista della botanica contemporanea lo è nei fatti, per i tre volumi di “Flora d’Italia”, da vent’anni riferimento per la determinazione e l’ecologia delle 6.000 specie del nostro territorio, e per il contributo scientifico che le sue ricerche offrono alla conoscenza di flora e vegetazione, ma anche alla necessità di un corretto rapporto dell’uomo con l’ambiente. Afferma per esempio: “Le piante sono un sistema autorganizzante per utilizzare la fonte energetica solare; se riuscissimo noi uomini a fare altrettanto, potremmo lasciare che gli iracheni si bevano il loro petrolio, invece di entrare in guerra.”
Di questo scienziato per nulla cattedratico, anzi affabile e dotato di sottile understatement, è più facile fare una sintesi della “carriera” (d’obbligo le virgolette, parlando di chi è convinto di non essere un protagonista) che raccontare di quante piante e di quanti luoghi si è occupato. Cresciuto a Venezia, si iscrive appena diciassettenne all’Università di Pavia, pensando di diventare geografo. Invece si dedica alle piante grazie all’incontro con il botanico Giacomini, dopo la laurea va a Barcellona con una borsa di studio, poi a Montpellier, dove nel 1953 diventa allievo del fitosociologo Braun-Blanquet come la botanica austriaca Erika Wikus, che diventerà sua moglie, gli darà cinque figli e da allora lo affiancherà spesso nelle ricerche. Comincia l’attività universitaria a Pavia, la prosegue a Padova e dal 1962 a Trieste. Nel 1981 un viaggio in Somalia per studiare la vegetazione tropicale è occasione per capire di voler rinnovare linea di studi e si trasferisce a Roma, dove ricopre tra l’altro la carica di direttore dell’Orto Botanico. Lo scorso novembre Sandro Pignatti ha lasciato la sua ultima cattedra, Ecologia all’Università “La Sapienza”. Dice che ora vorrebbe fare solo il nonno dei suoi tre nipotini (l’ultimo è un regalo del primo giorno del 2003), ma intanto ha intensificato l’attività di sintesi delle sue ricerche, dedicando i pomeriggi alla elaborazione di lavori di grande portata, come quello sulle Dolomiti intrapreso nel 1960, che definisce “tremendamente complicato per l’immensa congerie di dati”. Tra i prossimi impegni ha poi l’aggiornamento della “Flora d’Italia”, che vorrebbe trasformare in un manuale di interpretazione e proporre anche in forma multimediale. Lascia per ultimo l’argomento dell’ecosistema mediterraneo, ma si capisce che è la linea di studi che lo ha coinvolto di più. Racconta del Sud Africa, della regione attorno a Valparaiso, dell’Australia, della California e del Bacino Mediterraneo che hanno vegetazione simile, ma solo le ultime due con molte famiglie botaniche in comune, mentre nelle altre sono le forme che sono simili, “piegate” dall’ambiente. Ricorda le numerose spedizioni con la moglie nei deserti australiani, le sensazioni provate a trovarsi a 900 chilometri di distanza dalla prima strada asfaltata. Ha una nota di malinconia per il tempo che fugge: “Non credo che riusciremo a concludere qualcosa sull’ecosistema mediterraneo”. Ma forse è solo un’ennesima minimizzazione di chi da una vita fa i conti con la grandezza della natura e gli immensi problemi di conoscenza del regno vegetale. Mentre continua a onorare l’impegno nel comitato scientifico per il giardino di Villa Hanbury, in questo periodo Sandro Pignatti sta anche preparando un importante convegno internazionale sul rapporto tra piante e risorse idriche che si terrà a Napoli dal 9 al 14 giugno prossimo. Accettando di lasciarsi fotografare ha un altro sussulto di understatement: “Ho deciso di candidarmi per l’Oscar al migliore attore” e aggiunge, per ribadire il ruolo in cui colloca se stesso, “non protagonista.”
Ho consciuto il prof. Pignatti in un convegno a Camerino negli anni ’80. Di lui ho avuto modo di apprezzare la facilità di esporre concetti corposi con parole semplici e comprensibili.
Nella mia biblioteca professionale (chi scrive è un ex uff. del C.F.S., con lauree in Scienze Agrarie e in Scienze Forestali) figurano Ecologia Vegetale (UTET) e Flora d’Italia (Edaqgricole 1982), quest’ultima divenuta per me la guida essenziale per la conoscenza della flora d’Abruzzo e dei libri da me pubblicati sulla flora della regione in cui vivo.
Uno di questi, trasmesso a Roma al prof. Pignatti, seguito dopo qualche mese da Errata Corrige, non ebbe cenno di riscontro. Un suo parere mi sarebbe stato di grande utilità per il successivo libro, Flora d’Abruzzo, che ebbe la luce nel 2000.
Flora d’Italia, per l’uso continuo che ne ho fatto e per le numerose personali annotazioni poste a margine delle descrizioni, è divenuto una sorta di libro magico che racchiude una grande parte della mia esperienza nel settore della floristica.
Distintamente
Michele Lastoria
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Mentre cercavo un riferimento bibliografico su Sandro Pignatti , ho trovato questo bellissimo blog, complimenti.
Il professor Pignatti è stato mio relatore di tesi nel 1975 su “Potentilla Tomasiniana Schlutz” e conservo di lui un ottimo ricordo. Come dice lei, per nulla cattedratico e molto affabile. Ha contribuito ad aumentare il mio già grande amore per le piante e la natura.
Sandra Perticarari
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Penso che il mio commento stonerà assieme ai commenti di prof. e studiosi, ma ho sentito il desiderio di mettere anch’io un piccolo contributo.
Io sono stato il giardiniere Mortin Giuseppe e ho lavorato presso l’Istituto ed Orto Botanico dell’Università di Trieste negli anni 1965-1978, proprio nel periodo in cui era direttore il prof. Pignatti, che tra l’altro mi ha assunto, se si può dire così. Poi ho lavorato fino alla pensione, all’Orto Botanico dell’Università di Padova. Il periodo comunque più bello, e più istruttivo per me, è stato senza dubbio il tempo che ho trascorso accanto al prof. Pignatti, e alla prof. Erika sua moglie. Come dimenticare le innumerevoli escursioni sul Carso triestino e sulle Dolomiti, i posti meravigliosi visitati, e l’amore per le piante e per la natura, che hanno saputo trasmettermi. Oggi cercavo tra i nomi di Sandro Pignatti, Erika pignatti Wikus, Johannes, Laura, Francesco, Giuseppe, Eugenio, i figli (credo di averli nominati per ordine di età), volevo, se trovavo i loro indirizzi email mandare un saluto. Ho trovato questa opportunità. Termino, ma siccome stà scritto che non verrà publicato l’indirizzo email, lo metto io per esteso: g.mortin@virgilio.it Saluto tutti con grande riconoscenza ed affetto. Giuseppe
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