Piante da frutto in giardino, istruzioni per l’uso

su Giardinaggio – nov 2004

Le piante da frutto incontrano con frequenza sempre maggiore i favori dei giardinieri amatoriali, che ormai le scelgono anche in sostituzione di quelle soltanto ornamentali. A fare la differenza è proprio quel “soltanto”: dopo aver gratificato la vista, queste specie accontentano anche il gusto e l’olfatto, dando la soddisfazione di un raccolto per la tavola. Districarsi nella selva di proposte del mercato è però piuttosto complicato, e si rischia di andare incontro a delusioni. In queste pagine presentiamo una scelta ragionata di fruttiferi per la piantagione autunnale, sul filo delle vecchie varietà più affidabili nei diversi climi della penisola e di quelle nuove che garantiscono apprezzabili raccolti e poche preoccupazioni.

Un melo dalla chioma bianca di fiori in aprile e rossa di frutti in ottobre al posto di un albero ornamentale al centro del tappeto erboso. Un pero allevato a spalliera contro l’unico muro soleggiato, invece di una rosa rampicante. Tanti ribes in fila a dividere un fazzoletto di orto dal giardino, in alternativa alla solita siepe. Un qumquat o un limone in vaso sulla terrazza, perché d’inverno con i suoi frutti e i suoi fiori profumati diventi allegro ornamento della veranda, di un portico riparato o di un vano scale in luce. E poi kiwi e viti a rivestire la pergola sotto la quale d’estate si gode il fresco, che si trasforma in cornucopia al sopraggiungere dell’autunno…
Non più destinati solo al tradizionale frutteto, che nei piccoli appezzamenti ornamentali non trova spazio, gli alberi da frutto hanno imboccato la via del giardino con l’entusiastico passaparola di chi, dopo almeno un paio di anni di coltivazione, ha già sperimentato il piacere di riempire cestini di frutta. La moda dilaga, ma il buon senso consiglia un po’ di cautela. Se è vero che meli, peri, frutti di bosco, agrumi sono belli da vedere in giardino e sui balconi di città, è altrettanto vero che non tutti questi fruttiferi sono adatti alla coltivazione amatoriale: alcune varietà hanno grande sviluppo e richiedono una potatura costante per non inghiottire tutto lo spazio e per rimanere produttive, altre necessitano di ripetuti trattamenti altrimenti si ammalano, per non parlare delle specie che per loro natura rifiutano i terreni calcarei (dai mirtilli giganti ai castagni, per i quali è obbligatorio il terreno acido) o che, nelle località sottoposte a gelate tardive, non riescono ad allegare i frutticini regolarmente, per esempio mandorli, peschi e albicocchi che fioriscono molto presto in primavera, quando in molte zone italiane il rischio di gelate notturne è sempre presente.

La situazione giusta
Se si cerca di assegnare una “personalità” ad ogni specie frutticola, diventa più facile capire quale avrà lunga vita nel proprio giardino e riuscirà a produrre frutti con piccoli impegni alla portata anche di chi non è specialista. Per esempio l’actinidia (o kiwi, Actinidia sinensis) da giovane è capricciosa: vuole terra molto ben concimata e irrigazioni ogni volta che, anche se è inverno, il terreno si inaridisce per mancanza di precipitazioni o per la persistenza di venti disseccanti. Ma se si trova bene, dopo due o tre anni rischia di trasformarsi in un’ospite addirittura invadente: i suoi tralci si allungano in tutte le direzioni, fanno disordine e si deve ricorrere anche alla potatura estiva per contenerli. In più occupa parecchio spazio perché sono richieste almeno due piante, una maschile per il polline e una femminile che darà frutti, come molti ciliegi e peri che “soffrono di solitudine” quando vengono piantati come esemplari singoli e, se nei paraggi non c’è una possibile “anima gemella” per l’impollinazione incrociata, non fruttificano affatto. L’albicocco è “metereopatico”: nelle regioni con un clima abbastanza asciutto e soleggiato è di certo tra gli alberi da frutto più rustici e produttivi, invece nelle zone umide intristisce, si ammala facilmente e fruttifica troppo poco perché ne sia giustificata la piantagione, come il melograno. All’umido e al fresco anche d’estate invece sono a loro agio piccoli frutti quali lamponi, mirtilli, uva spina e fragole, che si comportano come le persone che il caldo del clima marino debilita e invece in montagna sono in splendida forma. Tutto questo per dire che, prima di acquistare sull’onda dell’entusiasmo, è necessario valutare la situazione climatica e pedologica della zona, lo spazio di cui si dispone e il tempo che si è ragionevolmente in grado di dedicare alla manutenzione. In generale vale una regola semplice: prima di decidere, è auspicabile osservare quali specie e varietà crescono bene nelle campagne della zona in cui si intende fare la nuova piantagione e chiedere consiglio ai vecchi contadini. I fruttiferi tradizionali del luogo sono un’ottima traccia per non sbagliare; riuscire ad ottenerne un esemplare non dovrebbe essere impossibile: sul territorio ormai sono numerosi i vivai specializzati che riproducono i cosiddetti “frutti antichi”, patrimonio della frutticoltura italiana degli ultimi secoli che si è tramandato proprio grazie all’eccellenza in ambito locale, sia per le qualità organolettiche dei frutti sia per la resistenza dell’albero alle avveristà. Se si è disposti a rischiare con le novità, lo si faccia a ragion veduta, dando la preferenza a varietà recenti selezionate per particolari virtù. Per esempio il melo “Florina”, di origine francese, è in assoluto una delle varietà meno attaccabili dalla ticchiolatura (la malattia più grave e frequente del melo) e anche senza trattamenti e in condizioni climatiche non ottimali maturerà i suoi frutti. In quanto al pesco nano americano “Bonanza” e ai meli colonnari inglesi della serie “Ballerina” (sviluppano solo corti rametti laterali), sono la soluzione messa a disposizione dalla moderna ricerca frutticola internazionale perché tutti possano coltivare alberi da frutto in vaso: con poco lavoro e pochissimo spazio, buoni raccolti garantiti.

In vaso o a radice nuda?
La questione è controversa e ognuno dà la propria versione. Quando non sono in vegetazione, quasi tutte le piante da frutto possono essere acquistate a radice nuda, cioè appena estratte dai campi di coltivazione e con l’apparato radicale ripulito dalla terra. Il vantaggio più interessante riguarda il portafogli (costano meno della metà di quelle in vaso), cui si aggiunge la maggiore facilità di trasporto: chiuse le radici in un sacco di plastica per impedirne la disidratazione ed eventuali rotture, si possono sistemare agilmente nel bagagliaio dell’auto o sul portabagagli esterno. È vantaggioso anche per chi acquista per corrispondenza: minor peso uguale minore costo di trasporto e minori pericoli di incidenti meccanici. In realtà c’è chi afferma che gli esemplari allevati in vaso sono seguiti meglio in vivaio durante le prime fasi di crescita con concimazioni, irrigazioni e potature e che, per questo, impiegano meno tempo ad attecchire, purché la permanenza nel contenutore non sia stata di oltre un anno. Per controllare, basta estrarre dal vaso la pianta sollevandola alla base del tronco: dal pane di terra devono sbucare minuscole radici bianche e non un groviglio di radici avvolte a spirale. Non c’è invece alcuna possibilità di controllare da quanto tempo sono stati estirpati gli esemplari a radice nuda: più avanza la stagione, e maggiori sono le probabilità che si tratti di piante esposte ai quattro venti da mesi, con danni per disseccamento – talvolta irreversibili – all’apparato radicale. In sintesi: si può risparmiare con le piante a radice nuda, ma meglio evitarne l’acquisto a fine inverno. Gli alberi da frutto in vaso danno forse qualche garanzia in più, ma sono più costosi e più difficili da trasportare.

Chi pianta bene, meglio raccoglie
Con il favore dell’andamento climatico stagionale in genere positivo (la cosiddetta “estate di San Martino”), la prima metà di novembre è tra i momenti più favorevoli dell’anno per fare la piantagione dei fruttiferi. In realtà gli esemplari allevati in vaso possono essere messi a dimora tutto l’anno a parte la piena estate, ma chi lavora d’autunno sfrutta la collaborazione della pianta stessa (essendo ormai in riposo, non subisce shock da trapianto) e dell’inverno (piogge e neve compattano la terra attorno alle radici evitando che si formino pericolose sacche d’aria e favoriscono la penetrazione in profondità dei concimi, in tempo per la ripresa di attività primaverile della pianta).
La prima operazione è scegliere la zona di piantagione, abbastanza distante da altre piante perché la chioma abbia spazio per svilupparsi al meglio e l’aria e la luce possano circolare. Sono pochi i fruttiferi che riescono a fare a meno del pieno sole, ma anche i piccoli frutti e il ciliegio, poco esigenti in questo senso, se ne dispongono a volontà maturano prima e meglio i frutti. La buca d’impianto, di cm 70 in tutte le direzioni, va preparata con almeno un paio di settimane di anticipo sulla messa a dimora perché la terra abbia tempo di arieggiarsi e ossigenarsi. Se il terreno è argilloso, molto compatto e trattiene umidità, va smosso con cura anche il fondo, sul quale andrà versato uno strato di 15-20 cm di ghiaia grossolana per impedire ristagni idrici presso le radici. Infine deve essere formata una montagnola di terra affinata e concimata con un piccolo pugno di fertilizzante granulare equilibrato al centro della buca, circondandola con una quantità generosa di letame molto maturo. Sul cumulo centrale troveranno posto le radici ben allargate, precedentemente accorciate un po’ con le forbici se necessario (perché troppo lunghe o danneggiate). I vecchi frutticoltori consigliano di fare sempre l’inzaffardatura, che consiste nell’immergere per almeno 12 ore le radici in una poltiglia di terra, letame e acqua prima della collocazione a dimora, in modo che possano reidratarsi e rivestirsi di fango fertile. In frutticoltura biologica questa operazione viene eseguita con le alghe brune in polvere stemperate in acqua; pare che abbiano proprietà fortificanti e inducano la rapida emissione di radici capillari, ma purtroppo si tratta di un prodotto naturale di difficile reperimento, che solo con un po’ di fortuna si può trovare in un ingrosso per l’agricoltura biologica o da un agricoltore specializzato. A piantagione avvenuta, si colma la buca di terra, si comprime la superficie camminandoci sopra, si annaffia e il gioco è fatto. In genere le piogge autunnali non rendono necessarie altre irrigazioni, ma nei terreni scolti e negli inverni ventosi e siccitosi del Sud bisogna fare attenzione e somministrare un secchio d’acqua di tanto in tanto anche in pieno inverno.

Buone e cattive compagnie
Un giovane albero da frutto ospite in un giardino già ben sviluppato può soffrire la competizione delle altre piante per il nutrimento, l’acqua e la luce: per questo andrà seguito durante il primo anno con attenzioni che in seguito non saranno più necessarie.Potrà rendersi necessario un palo tutore affiancato al fragile tronco se la zona è soggetta a forti nevicate o se ci si accorge che il vento, incuneandosi in mezzo alla vegetazione, aumenta di velocità proprio nell’angolo di giardino in cui è avvenuta la nuova piantagione: le radici, non ancora stabili nel terreno, potrebbero ribaltarsi. Oppure si dovrà sacrificare con la potatura l’apice di qualche ramo di un albero vicino che impedisce al sole di raggiungere il nuovo ospite. O ancora, per impedire la crescita di erba e erbacce, sarà bene distribuire una pacciamatura di composto o torba neutra per 50-60 cm di raggio attorno al tronco. Ma anche se non sarà più necessario alcun intervento e non resterà che attendere trepidanti la schiusura della prima gemma in marzo, nel segreto della terra in breve tempo si creeranno legami tra il nuovo venuto e le altre piante, per esempio tra lamponi, mirtilli e ribes e le conifere che crescono poco distanti (gli aghi acidificano il terreno, come piace ai piccoli frutti), tra il fico e la roccaglia (l’acqua drena via veloce), tra il pesco a spalliera contro un muro e la bordura di bulbose che lo circonda (sono gratificati entrambi dal calore del muro e dall’umidità che il manufatto assorbe, impedendo ristagni), tra il pruno pado e le palustri che circondano il laghetto. Così si avrà la conferma che una pianta da frutto in giardino aggiunge qualcosa di speciale: tutto sta a scegliere quella giusta.

IN PRATICA
Quali fruttiferi, dove e come
Arancio e agrumi in genere: dedicati alla coltivazione in piena terra solo nelle regioni a clima invernale mite con terreno poco argilloso, tendenzialmente sciolto e molto fertile. Se vengono irrigati, in estate non subiscono danni per temperature di oltre 40 °C e per l’atmosfera arida. Ogni pianta deve disporre di almeno 25 mq (meglio 50 mq per l’arancio, prevedendo lo sviluppo definitivo). Per gli esemplari allevati in vaso in clima continentale sono indispensabili concimazioni e trattamenti antiparassitari periodici e un vano per il ricovero invernale.
Albicocco: vive bene in quasi tutta Italia, ad esclusione delle regioni più aride e di quelle molto piovose soprattutto a tarda primavera. Rustico e longevo (può rimanere in produzione per oltre 80 anni), dà risultati migliori e frutti più dolci nei terreni calcarei, piuttosto poveri e siccitosi, con buona circolazione di aria e molta luce. Nel dubbio scegliere la varietà “Cafona”, più adattabile di altre.
Caco: specie ornamentale in giardino non solo per i frutti arancioni che maturano ad autunno avanzato, ma anche per le foglie e per il portamento. Vive senza problemi in tutti i climi, purché né troppo aridi né troppo freddi e in tutti i terreni fertili, freschi e ben drenati. Può andare soggetto al fenomeno dell’alternanza (un anno si copre di centinaia di frutti, un anno ne è quasi privo) e i frutti possono imbrattare a terra se non vengono raccolti prima della completa maturazione. Meglio scegliere una varietà di caco-mela, quale “Ogoso”: la polpa si consuma quando è ancora soda.
Ciliegio: preferisce le zone collinari e montane con terra fresca, ricca di humus e priva di calcare. Non molto esigente in fatto di luce, può vivere anche in mezz’ombra. Necessita di molto spazio, ma i ciliegi a frutti acidi (amarene o marasche e visciole) hanno dimensioni assai più contenute. Poiché molte varietà richiedono la vicinanza di una varietà impollinatrice, se si desidera coltivare una sola pianta preferire varietà come “Bigerreau Moreau”, autoimpollinante.
Fico: pianta mediterranea per eccellenza, cresce comunque anche nelle regioni con inverno freddo, purché in posizione assolata al riparo di un muro e in terreno ben drenato. Non sfigura in giardino, al quale conferisce un aspetto un po’ esotico con le sue grandi foglie ma, prima della piantagione, si tenga conto dello sviluppo definitivo (sino a 6 m di altezza e diametro) e del fatto che, rispondendo male alle potature, poi non potrà essere controllato. Da valutare inoltre il problema dei frutti che cadono a maturità, imbrattando e attirando vespe e calabroni.
Melo e pero: esprimono il meglio tra 400 e 600 m di quota, nelle regioni appenniniche anche oltre 1000 m. Hanno un’ottima resistenza al freddo e di rado la loro fioritura, che avviene dopo metà primavera, è danneggiata dalle gelate tardive. Per quanto rustici, esteticamente gratificanti e piuttosto adattabili a suoli diversi, hanno due difetti difficili da gestire nei piccoli spazi: se lasciati crescere liberi raggiungono uno sviluppo notevole e hanno predisposizione ad alcune malattie crittoganiche e parassitarie che devono essere controllate con almeno un paio di trattamenti all’anno, in inverno. Attenzione alle varietà che richiedono la presenza di una varietà impollinatrice.
Pesco: cresce meglio nei climi temperato-caldi e nelle posizioni riparate, dove i suoi fiori precoci non possano essere colpiti da gelate tardive. Soffre l’umidità atmosferica tipica delle mezze stagioni in pianura e della primavera nelle zone pedemontane e produce poco e male nei terreni acidi. Altrove è perfetto per i piccoli spazi; piantando due o tre varetà con epoca di maturazione diversa e con qualche irrigazione durante i periodi di siccità estiva, si possono raccogliere pesche da fine giugno (“Maycrest”) a ottobre (la vecchia varietà “Poppa di Venere d’Ognissanti”).
Piccoli frutti: ribes bianco, rosso e nero, uva spina bianca e rossa, lamponi rossi e gialli sia uniflori che rifiorenti, mirtilli americani, josta, more senza spine e giapponesi sono adatti in generale ai climi freschi d’estate e freddi d’inverno e non soffrono di alcuna malattia se il terreno è privo di calcare, ben concimato con letame e mai asciutto completamente. Di dimensioni contenute e belli da vedere, non sfigurano nella zona di giardino dedicata alle azalee, alle pieris e alle altre piante acidofile. Con un unico impegno: la potatura tutti gli anni. Altrimenti la produzione di frutti diminuisce, mentre lamponi e more diventano rovi infestanti.
Susino: rustico, di dimensioni relativamente contenute, cresce ovunque senza problemi, ma nelle regioni mediterranee soffre la siccità estiva se non viene irrigato. Ottima la scelta di varietà, che consentono raccolti da giugno (“Rusticano rosso”) a fine settembre (“Angeleno”, dai frutti dolcissimi, enormi, conservabili sino a Natale). Pur non essendo una specie esigente, cresce meglio nei terreni un po’ acidi, fertili e freschi. Per migliorare l’allegagione, meglio piantare vicina una varietà impollinatrice, quale “Regina Vittoria”.
Vite: preferisce i climi caldi e i terreni calcarei, profondi e piuttosto poveri, ma i grappoli di uva fragola o americana (“Isabella”, sia bianca che nera) maturano sino a 1000 m di altitudine in qualsiasi terreno. Le varietà da tavola sono sensibili all’umidità e alle malattie e vanno seguite dalla primavera alla maturazione degli acini perché la coltivazione abbia successo.

DA SAPERE
Vizi e virtù del pero
• Il pero è un albero rustico che si adatta sia ai terreni acidi che a quelli calcarei, sia sciolti che compatti, ma preferisce i climi di collina e di mezza montagna. Meglio non rischiare nei climi mediterranei, nelle zone con microclima ventoso o con atmosfera salina.
• Quasi tutte le varietà sono autoincompatibili. Questo vuol dire che necessitano di impollinazione incrociata: senza la presenza di una varietà di pero impollinante non sono in grado di allegare i frutticini e non daranno raccolti.
• Il pero della varietà “William” serve come pianta impollinatrice di un gran numero di varietà. È perciò auspicabile piantarne un esemplare insieme agli altri peri; ne basta una pianta per garantire il raccolto di almeno altre tre o quattro. Anche “Abate Fetel” è una varietà che serve allo scopo, in particolare per impollinare tutte le “Butirra” (Clairgeau, Hardy, Precoce Morettini ecc), la “Moscatella d’estate”, la “Kaiser”, la “Spadona”. Il pero della varietà “Favorita” a sua volta serve per impollinare varietà antiche molto popolari per l’ottima qualità dei raccolti, quali “Bergamotta”, “Conference”, “Decana del Comizio” e “Curato”.
• Se non si ha spazio per più di un pero, bisogna scegliere una varietà autofertile. Tra le vecchie varietà si segnalano “Buona Luisa d’Avranches”, che matura in settembre, e “Madernassa”, un vanto della tradizione frutticola del Basso Piemonte, che matura tra ottobre e dicembre frutti squisiti sia crudi che cotti.
• Trovare posto in giardino per più di un albero di pero non è difficile. Questa specie frutticola infatti accetta di buon grado l’allevamento a spalliera, a cordone o a candelabro, tutte forme appiattite ottenute con la potatura. Se si dispone di una striscia di terra di meno di un metro di profondità lungo un muro ben esposto, il gioco è fatto. Su una lunghezza di cinque metri possono crescere sino a 4 peri allevati a candelabro, e il raccolto non sarà meno interessante di quello offerto da quattro peri che crescono in forma libera occupando parecchi metri quadrati.
• In terrazza il pero è benvenuto, ma perché cresca con successo in vaso si deve scegliere una varietà nana oppure una delle varietà preparate a cordone o a doppio candelabro in vivaio. Per il primo anno l’alberetto potrà rimanere nello stesso vaso, in seguito andrà rinvasato ad anni alterni, concimato almeno due volte all’anno in primavera e in autunno e potato con regolarità a fine inverno perché conservi la sua struttura.

DA SAPERE
Sei fruttiferi per giardinieri curiosi
• Banano di montagna (Asimina triloba): albero alto sino a 6 m con foglie composte ornamentali e frutti verdi, allungati, in gruppi di 2-4 che maturano verso fine agosto e hanno polpa di consistenza e sapore simile alle banane. Resiste al gelo sino a -25 °C. Solo la varietà “Sunflower” è autoimpollinante; altrimenti è necessario piantare due varietà.
• Biricoccolo: incrocio naturale, risalente al Seicento, tra susino e albicocco con esigenze intermedie tra queste due specie. Frutti sferici, profumati a metà luglio. Esistono varietà emiliane e campane, queste ultime con frutti di pezzatura inferiore, ma più aromatici. Bellissima la fioritura candida di inizio aprile.
• Castagno giapponese (Castanea x crenata “Tanzawa”): ideale per piccoli appezzamenti collinari prossimi ai boschi di castagno(necessita di impollinazione incrociata), in 10 anni raggiunge solo 2,5 m di altezza e produce dopo 3-4 anni dall’impianto castagne enormi, ma non molto saporite, che maturano precoci dopo metà agosto.
• Ciliegio cuccarina (Prunus tomentosa) arbusto ornamentale alto sino a 150-180 cm che in aprile si copre di fiorellini candidi, seguiti in luglio da minuscoli frutti rossi molto dolci.La fioritura è spettacolare, ma la fruttificazione è discontinua.
• Nashi: chiamato anche pero giapponese, è un albero di dimensioni contenute a chioma espansa che matura a fine agosto frutti quasi sferici, grossi come palline da tennis, dalla polpa croccante, succosissima e ricca di sali minerali. I frutti della varietà “Shinsei”, considerata la migliore, hanno buccia color bronzo-rosato e sono conservabili parecchi mesi.
• Tayberry: incrocio tra mora e lampone, matura frutti rossi allungati che hanno la consistenza dell’una e il profumo dell’altro. È uno dei piccoli frutti più pregiati e produttivi e si presta bene alla surgelazione.

I frutti nel giardino naturale
Si possono ottenere frutti anche nei giardini ecologici realizzati con specie provenienti dalla flora spontanea o naturalizzate. È una scelta ideale per chi pone attenzione ai problemi dell’ambiente, vuole collaborare all’alimentazione della piccola fauna selvatica e, non ultimo, ha poco tempo da dedicare alla manutenzione. Tutte queste specie, infatti, non hanno bisogno di nulla per crescere e produrre frutti, anche se la potatura e qualche concimazione possono migliorare i raccolti.
Per i giardini di collina e montagna: Nocciolo, noce, nespolo, lampone, mora, mirtillo, fragola di bosco, uva spina, corniolo, castagno
Per i giardini di pianura: pruno pado, gelso bianco e nero, sorbo domestico, azzeruolo, sambuco
Per i giardini del Sud in clima mite: corbezzolo, fico d’India, carrubo

Il giusto mix per la concimazione di fondo
• Nei terreni troppo acidi: nella buca d’impianto, insieme a circa 20 kg di letame molto vecchio e ben frantumato aggiungere 1 kg di lapillo vulcanico (ricco di potassio), 0,5 kg di litotamnio (polvere di alghe mineralizzate ricche di calcio) e una scodella di cenere di legna del caminetto. Miscelare bene prima di versare nella buca, non a diretto contatto con le radici.
• Nei terreni troppo calcarei e compatti: mescolare 15 kg di letame vecchio con la stessa quantità di composto o foglie di faggio compostate, 3 kg di basalto (polvere di roccia silicea) e un bicchiere circa di cenere di legna.
NB: La stessa miscela può essere distribuita una volta all’anno, in autunno, come pacciamatura che mantiene la fertilità del terreno.

Tutto sui frutti antichi
Giorgio Gallesio era un appassionato di frutticoltura ligure che all’inizio dell’Ottocento portò a compimento un’opera ancor oggi importante per la conoscenza delle varietà tradizionali italiane, la “Pomona Italiana”, pubblicata tra il 1817 e il 1839. Dal settembre scorso quest’opera, pressoché introvabile in originale e mai ristampata, è disponibile integralmente su Internet all’indirizzo www.pomonaitaliana.it. Da consultare per innamorarsi dei “frutti antichi”, per capirne il valore per la conservazione della biodiversità e per scegliere, testi e disegni alla mano, quelli più adatti alla propria zona.

19 pensieri riguardo “Piante da frutto in giardino, istruzioni per l’uso

  1. Grazie, articolo molto interessante.
    Sono un vivaista di piante ornamentali e e da alcuni anni nei miei progetti di coltivazione ci sono anche i frutti, dove le cultivar lo permettono allevati a alto fusto. Era ed è una idea un po’ derisa da alcuni colleghi, ma leggendo il suo articolo mi sono reso conto che forse non dovrà solo rimanere un progetto, ma dovrà concretizzarsi in vivaio.
    Roberto

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  2. cercavo un pratico curriculum per i periodi di potatura sia per gli alberi di futta che ornamentali,ad es. il mese in cui si pota la vite,sia in painura che in collina.
    Non gradisco leggere tutta una prosa per poi trovare quello che cerco,ma in maniera schematica,pratica .
    uno schema quindi sintetico con il nome dell’albero ed il mese o il periodo in cui si pota.
    Grazie e cordialita’
    TULLIO ATTIANESE

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  3. non riesco ad avere una pesca decente, una mandorla decente, il mio melo sembra sofferente, è tutto secco, nonostante le tante mele che produce, io con le piante ci parlo, non sono scema, mi piace ogni pianta e ogni fiore, adoro tutto ciò che significhi natura, ma nonostante tutto il mio verde è un pò sofferente. Aiutatemi grazie

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  4. ho piantato un ciliegio giovane in giardino e sotto ho creato un aiuola di margherite che nel corso dei mesi sono diventete dei cespugli molto belli ma grandi…possono far soffrire la crescita del cigliegio?grazie in anticipo
    SABRINA

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  5. ho un balcone molto lungo ma larghezza normale sono appassionata di piante e riparato esolo il libeccio temo due anni fa e cresciuta una piantina di pesco da sola con nostra sorpresa ha fiorito ed ha fatto 10 pesche si puo immaginare la nostra meraviglia adesso non so come potarla o come trattarla grazie
    luigiacivitavecchia

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  6. vorrei piantumare un terreno di 2000 mt.con frutti vari, Fichi,susine,peshe,pere,cachi,nespole,e agrumi vari,,etc….a 700 metri dal mare in pianura sud Sardegna. con piante con radice nuda,dopo quanti anni potrò mangiare frutto

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  7. Buona sera, il mio problema e’ la potatura,le gemme da frutta, si riconoscono perche’ sono piu’ grosse (d’accordo) ma si trovano nei rami nuovi e in quelli piu’ vecchi? Gradirei una risposta a questo quesito, nel frattempo complimenti, per il suo lavoro e grazie.
    P.M.A.

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  8. Sono un medico appassionato del mondo delle piante . Articolo bellissimo. Solo un dubbio : alcuni dicono che l’albicocco preferisce terreni acidi altri dicono il contrario . Chi ha ragione ?

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  9. salve a tutti volevo un consiglio circa il mio alberello di cachi è già messo a dimora da tre anni in zona marina di ragusa a circa 2 km dal mare abbastanza protetto dentro un orto, ma non va per niente avanti e come fosse sofferente non fa frutti e poco rigoglioso vorrei toglierlo e sostituirlo con un alberello di susine ma sono indeciso cosa mi consigliate di aspettare?

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  10. Cosa dovrei pagare al vicino, nel caso dovessi impiantare un vivaio di meli sul mio terreno, per espiantare altri meli dal terreno del confinante ? ..per evitare che questi ultimi impollinassero i meli del vivaio..

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