Pistoiese, Miro Mati è titolare del vivaio Piante Mati di Pistoia specializzato nella produzione di alberi per giardini privati e verde urbano di tutta Europa e nella realizzazione di giardini. Noto per la competenza vivaistica, lo è anche per la grande creatività personale e per l’approccio intellettuale alle problematiche naturali.
Più facile coglierlo con gli occhi per aria che per terra, anche se è dalla terra che vengono il suo lavoro, la sua passione e le sue considerazioni filosofiche, del tipo “Io mi sento rinascimentale, mi riconosco come toscano, come innovatore, come collezionista di piante”. E non sembri presunzione: nonostante i modi accattivanti e comunicativi, è una persona schiva dai sentimenti raffinati e profondi, che il pudore gli fa nascondere dietro ad una cortina di esuberanti ironie e pirotecnici calembours.
Miro Mati vivaista di Pistoia viaggia con gli occhi al cielo perché gli alberi sono più alti delle altre piante e il suo sguardo è per le creature che coltiva nei 80 ettari dell’azienda fondata ottant’anni fa dal nonno Casimiro, al quale deve tra l’altro, abbreviato, quel suo nome curioso. Degli alberi gli interessa tutto, ma più del resto il portamento, forse perché d’istinto sa cogliere la bellezza dei volumi che le chiome disegnano nello spazio. Ha una predilizione su tutte: le forme fastigiate e assurgenti. Afferma che è per andare incontro alle esigenze delle alberature stradali (le sue piante onorano il verde urbano di Roma e Berlino, Torino e Parigi) e dei giardini così poco spaziosi del nostro tempo. Nella carriera di vivaista ha selezionato e brevettato farnie, robinie, magnolie che mirano in alto con i rami, come lui con lo sguardo e con le idee innovative, che sono la stratificazione del sapere appreso sin da piccolo in famiglia e con gli studi di agraria alle Cascine di Firenze e, allo stesso tempo, ribaltamento delle stesse. Ha inventato il sistema per di proteggere per tempi lunghi il pane di terra degli alberi zollati rivestendolo con la plastica termosaldata (il brevetto si chiama Plant-Plast), ha trovato il modo di coltivare le piante in contenitori ecologici di legno quando ancora non si parlava dei problemi di smaltimento che creano i vasi da vivaio, nel corso delle ricerche che porta avanti con la Facoltà di Agraria di Firenze ha messo a punto vasi con camera rizogena per favorire il radicamento delle piante allevate fuori terra.
Man mano che tre dei suoi cinque figli si impratichivano nell’arte difficile di coltivare alberi di qualità per l’Europa e la moglie Cristina assumeva la direzione amministrativa, lui si è messo sulle difensive per paura di non avere più un ruolo: Andrea, Francesco e Paolo sono giovani dinamici che affrontano il lavoro come una rivoluzione continua di tecniche e di stile e frequentano insieme alle piante l’architettura dei giardini, l’informatica, le lingue. Quando non è in giro per fare consulenze specializzatissime, se ne va nei vivai perché lì, naso all’insù, può bearsi a veder crescere i suoi alberi e a fiutare il carattere speciale di un esemplare nato da seme, come la luminosa Magnolia grandiflora gallisoniensis dalla pagina inferiore dorata, che lui ha chiamato “Bionda”. Ci va quando li tirano su dalla piena terra (ogni anno 15.000 grandi esemplari più altri 40.000 ai primi anni di crescita) perché si sente come uno scultore nel momento in cui le sue opere in divenire lo abbandonano per andare a far bella mostra nelle allées della Défense parigina, nel Parco Nord di Milano o nel giardino toscano di Sting.
Miro Mati abbassa con piacere gli occhi solo per coccolare i cinque nipotini, per curare il suo giardino privato o per dedicarsi alla scrittura. Ha appena terminato al computer un libro che si chiama “Piantare alberi”, sottotitolo “La tutela delle piante in natura e le circostanze che rendono possibile una loro profiqua esistenza nell’ambiente urbano e nel paesaggio” e già sta pensando al prossimo che sarà autobiografico perché, dice, “mi sento provenire dal fiume”.