Gianfranco Giustina

Gianfranco Giustina è nato a Borgomanero (NO) e ha studiato alla scuola di floricoltura “Domenico Aicardi” di Sanremo. Avviato al lavoro come semplice giardiniere dell’Isola Madre, ne è diventato conservatore. Gli sono riconosciute a livello internazionale una straordinaria passione e una pari competenza.

Dicono di lui che è stato l’artefice della risurrezione dei giardini dell’Isola Madre, che è un botanico di grande competenza e nutre un amore appassionato per le piante. Di Gianfranco Giustina dicono anche che pecca di  modestia e che preferisce definirsi giardiniere piuttosto che curatore di un orto botanico di acclimatazione tra i più famosi d’Europa. Dal canto suo, se gli si chiede se ha altri interessi, alto, allampanato e imbarazzato si apre in un sorriso e non teme di apparire monocorde affermando: “Io penso sempre a loro, alle piante”, intendendo dire che quando non è con le mani nella terra, non sovrintende al lavoro dei nove giardinieri (qualcuno in più d’inverno, quando ci sono i lavori più gravosi da fare), non guida la visita al “suo” gioiello, gli resta ancora da studiare, partecipare ai convegni, visitare i giardini altrui e intrattenere rapporti con persone e istituzioni internazionali. Unico svago, ovviamente in tema: camminare in montagna, per osservare le piante che ci vivono.
L’aneddotica di famiglia vuole che abbia cominciato intorno ai sette anni facendo talee di geranio e mostrando chiari i segni di una sensibilità trasmessa dal nonno e dal bisnonno, noto nella zona per l’abilità con cui innestava alberi da frutto. Quasi automatica la decisione di intraprendere studi da giardiniere, favorito tra l’altro dalla vicinanza della scuola di floricoltura di Solcio di Lesa. Il ragazzo se la cavava proprio bene così, dopo i due anni necessari al diploma, il trasferimento alla Scuola di floricoltura “Domenico Aicardi” di Sanremo per il conseguimento della maturità. Subito dopo l’offerta di lavoro in Francia con Meilland, rifiutata per proseguire gli studi alla facoltà di Agraria di Torino. Giustina racconta che fu un’esperienza deludente presto interrotta, perché “occuparsi di giardini non è agricoltura”. Dice e ripete, tradendo una profonda riconoscenza, che la sua vera scuola è stata un’altra e che, più che allievo, si sente quasi figlio di Sir Peter Smithers che gli ha trasmesso un ottimo metodo per operare e gli ha fatto cogliere l’importanza della bellezza, dei colori e dei profumi dei fiori. Ormai assunto nel giardino dell’Isola Madre, per anni ha continuato le lezioni di scienza del verde ornamentale andando a fare visita a questo noto botanico nel suo giardino svizzero di Vico Morcote, ricco di oltre diecimila specie e varietà. Smithers l’ha contagiato con la passione delle camelie e dei rododendri; le molte altre passioni sono tutte sue e bisogna faticare a fargliele raccontare, come se si trattasse un amore segreto non divulgabile: i glicini, le varietà di Pittosporum tenuifolium, le ninfee tropicali, più di recente le proteacee e le michelie. Lascia qualche punto di sospensione nella voce e aggiunge sommesso: “Questo lavoro pieno di curiosità fa capire di non essere mai arrivati. Più si va avanti e più si diventa raffinati ed esigenti”. Come dire: l’elenco che ho fornito è già vecchio e incompleto, ma non possiamo stare qui un’ora a nominare piante…
Degli 8 ettari di meraviglie dell’Isola Madre, Gianfranco Giustina si illumina parlando della spalliera di buganvillea che ha creato su una parete di palazzo Borromeo e sopravvive senza problemi agli inverni del lago Maggiore. Ne parla come del suo successo più ambito, dimenticando tutti gli altri con la solita modestia, che gli fa tacere le prove di stima di personaggi come Roy Lancaster, Lady Susana Walton, Yelena De Velder, istituzioni prestigiose come l’inglese RHS e vivaisti come Dino Pellizzaro. Di loro, forse, parlerà nel libro di impressioni ed esperienze che ha in animo di scrivere, se le piante per una volta glielo concederanno.

7 pensieri riguardo “Gianfranco Giustina

    1. @Adriano Maestri
      Gentile signor Maestri,
      sono stata in dubbio se dare il benestare alla pubblicazione del suo commento o se invece cestinarlo. Lo pubblico, ma vorrei che lei valutasse che, alla sperticata deferenza per Gianfranco Giustina (per il quale d’altronde nutro la massima stima) fa riscontro la nulla considerazione per chi, come me, ha contribuito a far conoscere il lavoro meritorio che egli svolge: il commento risale a oltre dieci anni fa, lo stile e gli spazi a disposizione su Gardenia erano quello che erano, ma il tono non è per morti, come le sembra. Lei chiamandolo epitaffio con una boutade di cattivo gusto non fa dispetto a me, che non scrivo agiografie né necrologi ma registro storie in divenire di giardinieri vivi e operativi, ma a Gianfranco Giustina, che da qui saluto e al quale auguro di offrire ancora a lungo occasione di parlarne da vivo.

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  1. Mi scuso tanto, io non volevo dire quello che lei ha capito, ma bensì esprimevo ed elogiavo la bellissima descrizione del personaggio da me conosciuto dal giorno del suo arrivo alla scuola di”floricoltura e giardinaggio” (cosi era chiamato, allora, l’istituto “Cavallini”di Solcio di Lesa). Mi spiace della gaffe e spero che, Gianfranco conoscendomi, abbia un sorriso al di fuori di quelli che esprimono tenerezza e meraviglia ammirando un’essenza floricola. Grazie di avermi messo in condizioni di chiarire l’equivoco.Cordiali saluti.

    p.s.(Sono arrivato per puro caso al suo blog e mi sono sentito con piacere coinvolto )

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