Silvina Donvito

Nata a Torino nel 1918, Silvina Donvito ha vissuto le principali vicende italiane del verde negli ultimi 50 anni. Organizzatrice di Flor 61 a Torino, Euroflora a Genova, Flormart a Padova, sino alla mostra di Masino, le sono riconosciuti una competenza e una energia che ancora, a 83 anni, fanno di lei una protagonista.

Una volta, aveva 18 anni, un amico siciliano di suo padre le disse che lei era come il faro del porto: il suo umore e i suoi stati d’animo trasparivano sempre. Sessantacinque anni dopo è ancora così e i suoi occhi sanno essere impertinenti o malinconici, ferrei o teneri. Una signora di grande carattere, Silvina Donvito, e guai a pensare che si tratti di una signora d’altri tempi. A ottantatre anni non ha alcuna intenzione di demordere; indossa un abito a colori vivaci (decisamente rosso se deve caricarsi di energia) e un tocco di rossetto, sale in macchina e via, verso i luoghi dove succedono le cose del verde, verso nuove avventure affrontate con lo spirito di una professionista dell’organizzazione di eventi floreali in piena attività e l’entusiasmo di una ragazza al suo primo impegno. Racconta che ci è cascata dentro senza neppure accorgersi, perché il caso è più forte di tutto. Sfollata ad Ivrea durante la guerra, partecipe della Resistenza, nei primi anni dopo il conflitto aveva trovato lavoro a Torino Esposizioni e un giorno il segretario generale le lasciò un bigliettino con su scritto “prego conferire”. Annunciava che Ratti, proprietario dei marchi d’occhiali Persol e Meflecto, chiedeva di averla come addetto stampa della sua azienda. Accettò, impiantò l’ufficio, lo fece funzionare e poi senza accorgersi cambiò mestiere. Ratti aveva due passioni: le esposizioni e i fiori. Così nel 1952 chiese a Silvina di aiutarlo ad organizzare a Palazzo Reale una mostra di floricoltura, probabilmente la prima del dopoguerra, una delle prime in assoluto in Italia. Venne anche l’edizione autunnale con i crisantemi, allora quasi sconosciuti, le uve e la frutta. Due anni dopo la manifestazione accolse ospiti internazionali per festeggiare i 100 anni della Società Orticola del Piemonte, nel 1961 si trasformò in un grande evento  in concomitaza con le celebrazioni del centenario dell’unità d’Italia. Con il caso che tramava alle sue spalle, dopo Flor ‘61 Silvina si trovò ad essere l’unica persona italiana che conoscesse realtà e regolamenti delle Floralies europee, l‘unica in grado di organizzare a Genova una manifestazione che ancora oggi, ogni cinque anni, raccoglie nel nostro paese il maggior numero di amanti dei fiori: Euroflora. Ci è rimasta sino a dieci anni fa e, dice divertita, “poi mi hanno messa dalla parte delle autorità”. Allegra per quel coté pugliese che le ha lasciato il padre nativo di Gioia del Colle, un po’ reticente a lasciarsi andare per i cromosomi piemontesi della madre, Silvina Donvito infarcisce la sua storia di aneddoti e di ritratti gustosi, ma prende quasi le distanze da se stessa, come se sapesse che acqua passata non macina più ed è sempre più intrigante il presente. Seduta al posto di comando sotto il tendone della segreteria della “Tre giorni per il giardino” di Masino, tuona al microfono contro il pubblico irrispettoso e lo blandisce con la suadenza della sua voce dall’innegabile inflessione torinese: ha lavorato sodo con l’architetto Pejrone su un’idea di Marella Agnelli per finanziare le attività del FAI, niente deve turbare l’atmosfera. Dopo dieci anni i visitatori riconoscono la sua regia. Non sanno che ha scritto per il Floricoltore, ha avuto un ufficio di consulenza del verde quando non si parlava di paesaggismo, ha organizzato i primi corsi di ikebana in Italia, e che cura gli incontri dell’Accademia Piemontese del Giardino. Forse non lo sa neppure uno dei suoi 4 adorati pronipoti, che in un tema ha scritto: “Ammiro molto mia zia Silvina; per quanto sia di corporatura robusta e abbia 83 anni guida ancora la macchina”. Lei già pensa di usarla per vivere un’altra avventura tra i fiori.

2 pensieri riguardo “Silvina Donvito

  1. Gentile Mario Guarino, mai come in questi ultimi anni sentiamo la mancanza di Silvina Donvito. Oggi, se ci fosse ancora, tuonerebbe contro tempi così barbari e privi di rispetto sia della forma sia dei contenuti. Penso anche con tristezza all’involuzione orribile, in linea appunto con i tempi, che hanno avuto il FAI, trent’anni fa promotore della cultura verde a Masino, e il nome Flor che Silvina volle per l’esposizione del 1961. Ma è inutile prendersela con i tempi. Almeno lei e io abbiamo avuto la fortuna di incrociare la nostra vita con quella di questa indimenticabile signora del verde.

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