Frassini, pioppi e questa civiltà

Questa mattina ho brontolato con mio marito. Non volevo credere alla stupidità delle nuove norme della Regione Piemonte per l’abbattimento degli alberi da legna da ardere. Uno deve fare dieci chilometri nella valle per far compilare alla Comunità Montana tre oscuri fogli che solo la burocrazia riesce a decifrare. E se poi chiedi di abbattere i dieci frassini maggiori (Fraxinus excelsior) che stanno stretti come acciughe in 200 metri quadrati, volano ingiunzioni e minacce a lasciarne la metà, per i diritti delle piante a riprodursi in base a quel decreto dell Regione Piemonte. In questa valle parlare così dei frassini suona quanto meno sarcastico. Ne nascono di continuo da marzo a settembre ovunque, appestano bordi di strada e orti. Se lasciassi ingovernato un anno il mio giardinetto dietro casa, ci troverei un bosco di piccoli frassini che crescono di un metro o più all’anno. Da notare: non c’è sicuramente un frassino adulto che rilascia semi nel raggio di almeno 200-300 metri, eppure arrivano e germinano semi in abbondanza. È vero che qualcosa di strano nel comportamento dei frassini in questa valle ci deve essere. La volta in cui è venuto a trovarmi il vivaista di alberi pistoiese Miro Mati, un’autorità della materia, guardando il paesaggio non voleva credere che fossero frassini maggiori, così tanti e così grossi. In ogni caso uno perde tempo e inquina viaggiando per 10 km in modo da avere il bollo di legge sul taglio degli alberi con i quali si scalderà l’anno seguente. Mentre in tavola ne parlavamo, con il pensiero andavo agli alberi meno fortunati dei frassini nostrani, eppure più importanti, e mi ragionavo su questa società ipocrita e sotto sotto assassina, che cerca di pulirsi la coscienza con leggi e leggine per darsi una facciata politically correct. Tiri giù i boschi di querce dove vuoi fare una spianata infinita per il fotovoltaico, ma i 150 quintali di frassini pressoché infestanti no, bisogna trattarli bene e fare la voce grossa con il piccolo contadino che chiede di fare legna a casa propria sapendo bene, quanto meno, che deve lasciarne per gli anni a venire. Mah. Avevo già ragionato abbastanza, almeno per oggi, su questi argomenti, quando mi è arrivata la mail, che riporto qui di seguito pari pari. Trascrivo tutto ciò che mi è arrivato per il semplice motivo che è quanto è stato scritto all’assessore all’ambiente di Sesto Sn Giovanni e a quello di Cinisello Balsamo, provincia di Milano. È una insegnante a scriverla, per di più un’insegnante che fa dell’educazione all’ambiente e alla natura un suo punto di forza. Mi fa inorridire il pensiero che i suoi alunni avevano appena schedato per una ricerca un patrimonio di tutti che un giorno con l’altro è scomparso, sino a ora senza giustificazione di sorta. Se un’insegnante appassionata insegna, e le istituzioni cancellano il suo insegnamento (oltre che le emergenze che sono memoria di un territorio e monito alla straniata collettività metropolitana), io mi domando: che cosa sarà domani?

“… stavo predisponendo il materiale per la nostra partecipazione al concorso “Sesto e i suoi studenti” che ha quest’anno il tema dell’ambiente come bene comune, quando mi accorgo che uno dei soggetti del nostro lavoro, un magnifico, secolare pioppo sito in via Gracchi è stato abbattuto. Era l’ultimo grande albero rimasto in quella zona cementificata nei pressi del centro commerciale Unes-Brico-Decathlon.

Il taglio mi è stato segnalato anche da altri cittadini residenti in zona, oltre che da alcuni miei studenti: l’opinione comune è che togliesse visibilità a quell’orrendo parcheggio e all’ennesimo, inutile negozio di scarpe recentemente aperto che con la sua mega insegna ha segregato anche dei platani.

Abbiamo cercato sul sito del Comune e trovato che l’abbattimento di grandi alberi, quale il nostro pioppo, è regolamentato. Vorremmo pertanto capire con quali motivazioni è stato richiesto al Settore Ambiente e da esso (o dal Sindaco) approvato il taglio, tenendo conto che nessuna piantumazione compensativa può sostituire la ricchezza biologica di un albero secolare.

La ceppaia del pioppo abbattuto a Sesto San Giovanni, dalla quale risulta che era sano e non colpito da carie. Una stima approssimativa dice che l'albero era alto un po' più di 20 metri.

Quattro alberelli che saranno paragonabili a quello abbattuto solo tra mezzo secolo, un po’ di cespugli da vivaio piazzati in una rotonda non sostituiranno un esemplare così grande, una casa così preziosa per decine di uccelli e insetti. Era, quel pioppo, non una piantina annuale da aiuola ma un rappresentante del vero bene comune, di una natura che a parole viene difesa e nei fatti subordinata a logiche economiche. Evidentemente non è stato ritenuto una “pianta monumentale” (art. 3 del Regolamento, censimento del verde); o è stato così sfortunato da trovarsi in prossimità di un centro commerciale che desiderava ampliarsi. L’albero, che pure  era lì da ben prima, è stato ritenuto un pericolo per il parcheggio o l’insegna? Se è così, perché hanno costruito lo stesso?

In attesa, prima di completare il nostro lavoro di partecipazione al concorso, di una vostra risposta da riferire ai miei studenti ed alle numerose persone indignate, profondamente scandalizzate, che vorrebbero saperlo, distintamente saluto.”

Fuori dal virgolettato della lettera all’assessore, l’insegnante aggiunge ancora altro.

Ho incontrato l’assessore di Sesto, che mi ha detto che l’albero è fuori dai confini della città ed è pertanto non di sua pertinenza. Ho scritto a quelli di Cinisello, che non si sono degnati di rispondere. Infine, mio marito l’altro giorno vede dalla finestra degli operai che stanno rimuovendo il ceppo. Scende, fotografa, chiede: gli operai gli dicono che sono del comune di Sesto e che l’albero era malato.
Ho riscritto chiedendo il certificato fitosanitario e la giustificazione dell’abbattimento. Ad oggi, nessuna risposta.

Sono furibonda. Oggi un’altra magnifica Paulownia, nel giardino della scuola di fianco alla mia, è stata abbattuta. Spero di riuscire a pubblicare su ilgiorno.it un articolo sulla vicenda. Se credi questo esempio di disprezzo per quello che un grande albero significa ti possa interessare, abbiamo le foto.

Signori, questa è l’Italia. E io me ne vergogno.

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Il mio nome è Mimma Pallavicini, sono una giornalista specializzata, una cosiddetta “giornalista del verde”, da oltre 25 anni e ancora non so dove stiano i confini tra la professione e la passione per le piante, i fiori, i giardini, interpreti e partecipi della mia visione della vita. Così non mi pare vero creare una nicchia per dire ciò che altrimenti non avrebbe modo di essere detto: ogni giorno vivo esperienze, pensieri e percorsi professionali che con le piante e i giardini hanno a che fare e che sarebbe un peccato non fissare e non condividere. Benvenuti da queste parti, e grazie se vorrete sostare in nome dell’informazione e partecipare in nome di un’emozione che ci accomuna.

Un pensiero riguardo “Frassini, pioppi e questa civiltà

  1. Ecco. Finalmente una buona notizia! Un evviva di grande compiacimento per l’intervento dell’insegnante, così profondamente motivata. Perla rara…..
    Rimane da augurarsi che questa educazione inculcata in modo così mirato , lasci un segno….e che in futuro qualcuno di questi allievi possa diventare un illuminato e competente assessore, per evitare una sequela di orrori decisi a tavolino da persone ignoranti.

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