Come i fiori della carota

La data del 25 novembre ricorda il sequestro, la tortura e l’uccisione di tre sorelle, Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, nella Santo Domingo del dittatore Trujillo. Era il 1960.
La data del 25 novembre ricorda il sequestro, la tortura e l’uccisione di tre sorelle, Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, nella Santo Domingo del dittatore Trujillo. Era il 1960.

Il fiore della carota selvatica, Daucus carota, è caratteristico. È un’ombrellifera, sicché ha i fiorellini a cinque petali disposti in ombrellette a formare un’infiorescenza a ombrella. I fiori sono tutti bianchi, ma quello centrale è rosso sangue. Questo mi torna utile per dire, oggi che è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che noi siamo così: numerosi piccoli fiori che insieme sono luminosa testimonianza di tante virtù, e una ogni tanto è macchiata dal sangue della violenza. Solo in Italia tra il 2000 e il 2012 oltre  duemiladuecento donne sono morte per mano di un uomo, più spesso il loro uomo o un famigliare. Quattordici anni fa l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 25 novembre giorno di sensibilizzazione su questo problema, tuttavia penso che, pur essendo un passo avanti per riconoscere la piaga del femminicidio come tale, ci vorranno brusche e significative virate di civiltà perché l’altra metà del cielo abbia le stesse chances maschili di trovare forse non il paradiso in terra, ma almeno il diritto di esistere e di scegliere.

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Il mio nome è Mimma Pallavicini, sono una giornalista specializzata, una cosiddetta “giornalista del verde”, da oltre 25 anni e ancora non so dove stiano i confini tra la professione e la passione per le piante, i fiori, i giardini, interpreti e partecipi della mia visione della vita. Così non mi pare vero creare una nicchia per dire ciò che altrimenti non avrebbe modo di essere detto: ogni giorno vivo esperienze, pensieri e percorsi professionali che con le piante e i giardini hanno a che fare e che sarebbe un peccato non fissare e non condividere. Benvenuti da queste parti, e grazie se vorrete sostare in nome dell’informazione e partecipare in nome di un’emozione che ci accomuna.

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